LETTERE AL DIRETTORE: “LA MANCANZA DI ENTUSIASMO PROVOCATA DA UN PRESIDENTE CHE HA UN PROBLEMA PER OGNI SOLUZIONE”

Ora che si sta abbassando il polverone delle emozioni, mentre rientriamo alla base da Catanzaro, si possono fare molte, moltissime considerazioni in merito alla partita del Ceravolo.

Possiamo parlare di modulo o di tecnica, di difesa feroce sull’ultimo cross o di assenza di killer instinct quando si trattava di chiudere i conti.Tutte analisi di indubbia utilità come anche lo sono i dati sui passaggi completati, i contrasti vinti e i km percorsi in campo. Personalmente, il dato che mi sta più a cuore è quello meno tecnico di tutti, ovvero il numero di biglietti venduti nel settore ospiti: 388.

Io, mio figlio e altri 386 Gnari al seguito. Tutte persone che hanno fatto 2400 km in due giorni, speso cifre folli (solo questa partita è costata come due abbonamenti in curva) e litigato con mogli o mariti pur di essere là, sapendo che le chances di vittoria erano minime. Ma il tifoso non fa calcoli, segue una fede. A Catanzaro, salvo impedimenti gravi, ci va. Quindi diciamocelo pure in faccia, vista la posta in palio e le condizioni generali (città amica, sabato sera e il tutto preannunciato con ampio anticipo) eravamo pochini. Vedremo quanti saranno i Catanzaresi che sabato arriveranno a Cremona ma una cosa è certa, al netto delle “Aquile al nord” saranno molti più di noi. E a loro non è che le regalino le trasferte.

Ma a Catanzaro, come in molte alte piazze dal potenziale infinitamente inferiore al nostro, hanno dalla loro l’unico vero ingrediente necessario. L’entusiasmo. Chi era a Catanzaro lo ha potuto toccare con mano, l’aria era carica di promesse, di orgoglio, piena di elettricità. Confesso che li ho invidiati, parecchio.

Perché noi quella speranza, quella voglia di partecipare, quell’entusiasmo collettivo non ce l’abbiamo più.

E fa male, malissimo. Fa male constatare quanto l’Estirpatore di mediocrità ci abbia cucinato a fuoco lento, esattamente come la rana nel pentolone. Ha alzato la temperatura un grado alla volta, esonero dopo esonero, islandese dopo australiano, licenziamento dopo rivoluzione al settore giovanile fino a ridurci in questo stato catatonico dove niente sembra più scuoterci. La piazza non si può più nemmeno definire scettica. Siamo oltre lo scetticismo, siamo alla rassegnazione.

Il messaggio subliminale che tutti abbiamo in testa è che se anche qualcosa di buono viene fatto, non importa quando, non importa come ma lui troverà il modo di mandare tutto all’aria. Che senso ha sperare in un futuro di glorie quando al comando della nave c’è Massimo Cellino, l’uomo con un problema per ogni soluzione? Adesso siamo davanti a un’altra, l’ennesima, stagione senza obiettivi fissati, Cosa vuole fare il nostro eroe?

Se non vuole vendere, che squadra vuole dare a Maran per l’anno prossimo? Acquisti di livello e mirati o ancora i carneadi comprati su wish?  Perché i miracoli si fanno una volta sola, eh.

Quindi onore alla Nord, ai 1911, al Vittorio Mero, al Dario Hubner e a tutti i cani sciolti che non mollano mai (il nostro zoccolo duro è veramente duro come il ferro). Ma ricordiamoci che se vogliamo che Brescia abbia una squadra degna del suo territorio, l’obiettivo non è un nuovo allenatore o un nuovo giocatore. L’obiettivo è un nuovo presidente. Chiediamo troppo?

Angelo Roversi