GRAZIANO CESARI: “GIUSTO NON DARE RIGORE PER IL MANI DI SITUM, MA AL BRESCIA NE MANCA UNO CONTRO LA REGGIANA E QUELLO FISCHIATO CONTRO PAPETTI AD ASCOLI MI FA VENIRE I BRIVIDI. COSI’ IL VAR NON FUNZIONA”

In esclusiva per Bresciaingol.com l’ex arbitro ha fatto chiarezza sugli episodi (dubbi) arbitrali che hanno caratterizzato le ultime partite delle rondinelle: “La gomitata di Rozzio su Moncini è penalty, non esistono regolamenti diversi per episodi dentro o fuori area. Papetti punito per i… polpastrelli . Situm colpisce il pallone di braccio, ma è di spalle e in fase di salto. In questo modo il Var non può andare avanti. Sì ai challenge e agli ex giocatori nella sala video. In B la qualità degli arbitri non è eccelsa”

Brescia. Sono tanti, troppi gli episodi arbitrali dubbi che hanno caratterizzato le ultime partite del Brescia. Per dar seguito all’articolo precedentemente pubblicato su queste colonne e per poter proporre ai tifosi biancoblù un parere autorevole in merito, bresciaingol.com ha raggiunto telefonicamente Graziano Cesari, volto storico del mondo arbitrale italiano. Dodici anni di carriera (dal 1990 al 2002) di cui otto da internazionale per l’ex fischietto della sezione di Genova, che dopo il ritiro è divenuto moviolista per i programmi targati Mediaset, affermandosi come massimo esperto nel giudicare gli episodi arbitrali controversi che ogni weekend animano le partite dei campionati italiani. 

Salve Cesari, ci aiuta a capire come mai c’è stata questa discrepanza sui tre episodi discussi dal Brescia? 

“Innanzitutto c’è da dire che in Serie B la qualità degli arbitraggi non è eccelsa. Non si può contare in maniera importante su uno zoccolo duro e se tanti arbitri non emergono un motivo ci sarà. Inoltre senza poter fare esperienza in Serie A il livello inevitabilmente non cresce mai. Passando agli episodi citati: rimango interdetto per il rigore negato al Brescia per la gomitata del difensore della Reggiana su Moncini. Noi predichiamo uniformità arbitrale, ovvero che l’arbitro prenda le decisioni uguali indipendentemente dalla zona di campo in cui avviene il fallo. Invece mi pare che ormai ci sia un regolamento doppio, perché fuori area un episodio del genere è sempre punito e accompagnato dal cartellino giallo, mentre quando avviene all’interno dell’area di rigore improvvisamente ci si dimentica di tutto ciò. Quello di Rozzio non è un tentativo di elevazione, bensì cerca solo di ostacolare fallosamente l’avversario che tenta di intervenire di testa. La dinamica era da punire con il penalty e il Var che non è intervenuto ha commesso un errore. In qualche modo era da far vedere all’arbitro di campo, che poi magari avrebbe confermato il suo non fischio, spiegando però le sue ragioni al capitano, ovvero Bisoli. L’episodio di Papetti invece mi fa venire i brividi. È stato assegnato un rigore di polpastrello. Inoltre la dinamica è chiara e il movimento di Papetti è congruo all’azione. Il pallone rimbalza all’indietro, come faceva a fermarsi? Non so quanti arbitri hanno giocato almeno a livello amatoriale, perché sennò non si può mai fischiare un rigore del genere. Non è il caso di un cross con il braccio largo, che invece va punito. Per quanto concerne il terzo episodio, quello relativo al rigore chiesto dal Brescia sabato per il fallo di mano di Situm, mi sento di assolvere assolutamente il difensore del Catanzaro perché è vero che colpisce il pallone con il braccio, ma è girato di spalle e soprattutto in fase di salto. Un rigore simile venne, secondo me erroneamente, concesso proprio al Brescia nella stagione 2019-20 contro il Cagliari [fallo di mano di Cerri alla prima giornata di campionato, ndr]”. 

Come mai secondo lei il ricorso al Var sembra ormai essere diventato più soggettivo che oggettivo? 

“Ormai il var è utilizzato come la moviola, che è qualcosa di completamente diverso. Il var è codificato, la moviola invece è tutt’altro. Così facendo non si capisce più nulla. Il Var in Europa è utilizzato molto meno, solo quando l’arbitro non è messo in posizione giusta per vedere cosa è successo o per correggere errori eclatanti. Nei nostri campionati invece lo si usa in maniera sbagliata. Nella partita Modena-Feralpi Salò l’arbitro Volpi ha passato più minuti davanti al monitor che in campo. Si sarà giocato sì e no mezz’ora di partita. Così non si può andare avanti. Si sta esasperando quello che è lo strumento del Var e si finisce per forza di cose con l’inasprire gli animi di tutti. Aggiungo che andrebbe fatto una sorta di Open Var [programma che va in onda su Dazn, ndr] anche per la Serie B perché ci sono piazze importanti che meritano rispetto e i soldi sono soldi per tutti, indipendentemente dalla categoria”. 

Si parla spesso ultimamente di inserire i challenge come nel basket o nella pallavolo per richiamare l’arbitro al monitor. Lei è favorevole a questa proposta? 

“Sono assolutamente d’accordo sulle chiamate degli allenatori, magari una per tempo. È chiaro che in panchina però non si devono avere tablet o telefonini, altrimenti diventa troppo facile. Tutti devono avere gli stessi strumenti a disposizione, ovvero i propri occhi. E dirò di più: metterei in sala Var pure un ex giocatore che sa quali sono le dinamiche di gioco, quando un giocatore accentua un contatto o quando interviene per far male a un avversario meritando un cartellino rosso. Aggiungo inoltre che al mondiale femminile giocatosi in Australia il livello degli arbitraggi è stato estremamente elevato e l’arbitro (donna) spiegava al pubblico con il microfono la propria decisione come succede negli sport americani o nel rugby. Perché non riportiamo questi esempi anche negli altri campionati?”.