Il derby di Cremona, senza tralasciare i meriti avversari, ha mostrato una squadra priva del giusto spirito, troppo attendista e che ha estremo bisogno di rinforzi. Anche se Cellino è convinto del contrario e con le sue scelte continua a sterilizzare le ambizioni del popolo biancoazzurro
Brescia. Raccontano che il risveglio domenicale di Massimo Cellino sia stato ancora una volta in direzione ostinata e contraria. Un atteggiamento che a volte può essere un pregio caratteriale (Gigi Riva e Fabrizio De Andrè ne hanno fatto un must), ma che in altre rischia di diventare un velo dopo essere stato prima un muro e poi un campo di forza. L’ostinazione celliniana nel ripetere ai suoi collaboratori che la squadra va bene così com’è e sul mercato non ha senso fare altro (come se gli acquisti di Avella e Cartano avessero spostato chissà quali valori…) non fa che alimentare le tensioni con il popolo biancoazzurro. Che anche a Cremona ha risposto presente, anzi presentissimo, ma che non ne può più di dover recitare sempre la parte di Paperino di fronte ai Gastone di turno. Questo continuo essere i cugini poveri contro chiunque, costretti a navigare accontentandosi del minimo sindacale, non è rispettoso della storia di Brescia come città e squadra. Cellino insiste nello spostare in avanti il vero piano di rilancio, ora pare stia dicendo che in questa stagione bisogna mettere le basi per andare in serie A l’anno prossimo, ma dopo sei anni e mezzo di gestione le sue chiacchiere sono come le tabacchiere di legno: non le vuole più nemmeno il banco di pegno. La verità è che questo presidente ha sterilizzato le ambizioni della tifoseria. Tristissimo.
Il Rigamonti. L’uomo di Cagliari è ormai totalmente concentrato sulla partita stadio, in attesa che il Comune apra il bando dopo aver fatto periziare l’immobile di Mompiano per disfarsene il prima possibile. Alla squadra ci pensa poco o nulla, anche se lui è convinto di pensarci il giusto. Continua ad andare al risparmio e anche se in estate qualcosa di meglio è stato fatto rispetto all’anno scorso (quando aveva l’alibi dei fondi bloccati dal Tribunale, ma dall’interno del club assicurarono che esisteva comunque la possibilità di mettere mano al portafoglio, bastava volerlo) adesso che ci sarebbe la possibilità di puntellare un roster al quale non servirebbe moltissimo per puntare almeno all’ottavo posto, l’ineffabile MC continua a pensarla all’opposto della stragrande maggioranza di tifosi e addetti ai lavori. Poi certo c’è anche chi si accontenta e sposa la linea del “basta salvarsi, inutile pretendere di più”, prestando il fianco all’immobilismo-opportunismo celliniano. Scusate, ma non ci leghiamo a questa schiera e se serve moriremo pecora nera.
Squadra e allenatore. C’è poi però anche un altro, doppio, aspetto sul quale devono lavorare Maran e i giocatori. Non è accettabile andare a giocare in casa di una squadra forte, seppure nell’occasione incompleta, come la Cremonese spendendo solo 13 falli in tutta la partita contro i 24 di un’avversaria che ci ha messo comunque anche tanta qualità. Doveva essere il Brescia a sporcare la partita, con cattiveria agonistica e motivazioni (in tal senso non riusciamo proprio a capire l’esclusione di Paghera) e invece i biancoazzurri l’hanno fatto solo in fase di costruzione: 22 spazzate a 8… E alla fine del primo tempo i dati raccontavano di un 74% di possesso palla grigiorosso con 297 passaggi a 85 riusciti per gli uomini di Stroppa. Umiliante. Non ci ha messo nulla la banda della V bianca: nè carattere nè gioco. E il mezzo (sì, mezzo) tiro in porta di Bianchi, respinto coi piedi da Jungdal al quale è bastato rimanere fermo, è il misero bilancio di un pomeriggio da dimenticare. Bisoli e compagni si sono accorti di avere duemila tifosi al seguito? Due-mi-la. Chi vanta un seguito così in una trasferta in serie B? Ma anche in A, giusto le grandi squadre. Brescia merita di più. Da Cellino prima di tutto, ma in certi frangenti anche dalla squadra. Non può bastare il valore avversario. Certo Falletti, Vazquez e Coda sono top player per la categoria e il duo esterno Sernicola-Zanimacchia ha poche eguali, ma anche la Cremoense aveva le sue assenze e non banali (Ravanelli, Castagnetti ai minimi termini, Collocolo perso dopo pochi minuti) e si poteva approfittarne di più e meglio. Nessuno discute i valori di un’avversaria che quasi certamente tra pochi mesi sarà in serie A, ma il Brescia non c’ha nemmeno provato a metterla in difficoltà, accontentandosi di una sconfitta di misura.
Maran è stato ancora una volta un signore. Si è preso le colpe con quel “probabilmente non ho messo i giocatori nelle condizioni tattiche per fare quello che avevamo preparato”. Chapeau, giù il cappello. Poi però se Galazzi gioca in punta di piedi, Papetti e Mangraviti ricadono nei soliti errori tecnico-tattici, Bianchi non segna più nemmeno nell’Oceano, al tecnico trentino resta da rimuginare forse sulla posizione di Bertagnoli largo a sinistra, che poi bisognerebbe capire quanto era spaesato per questioni di consegne e quanto per uno stato di forma non certo ideale.
Il calendario resta in salita: Cittadella in casa poi Como e Sampdoria in trasferta. Rimangono ancora quattro giorni di calcio mercato. Proviamo a metterla così: presidente, non serve nessuno, tenga il roster com’è, tutto va bene madama la marchesa come diceva in quella canzone francese degli anni ‘40 il maggiordomo alla sua padrone per rassicurarla nonostante gli eventi fossero tutt’altro che buoni. Chissà che la testardaggine da bastian contrario dell’uomo di Cagliari non regali sorprese last minute.