PASINI: “VI SPIEGO PERCHE’ NON ME LA SONO SENTITA DI ACQUISTARE IL BRESCIA. SOGNO IL DERBY E SO CHE DEI BRESCIANI SI STANNO MUOVENDO PER CERCARE DI PRENDERE IL CLUB”

Intervista esclusiva al presidente della Feralpisalò: “Non poter giocare al Rigamonti è una ferita aperta, ce lo saremmo meritati. Gestire una società di calcio come le aziende di successo si può. Io non entro nel merito delle formazioni e lascio ai miei allenatori il tempo giusto per lavorare. Se miei colleghi e amici imprenditori acquistassero il Brescia si potrebbe creare tra le due società quel rapporto che adesso non c’è”

Salò. In esclusiva per “Ditelo a Cris” e Bresciaingol.com, il direttore di questa testata Cristiano Tognoli ha intervistato Giuseppe Pasini, patron della Feralpi Salò, squadra che si appresta a vivere la sua prima stagione in serie B. Il presidente dei salodiani non manca però di seguire con apprensione le sorti del Brescia, voglioso di disputare un derby, magari contro un collega imprenditore bresciano con cui poter instaurare un giorno una collaborazione.

Quanto vi peserà dover giocare le partite casalinghe a Piacenza, e non magari al Rigamonti?

«Questa, mi permetto di dirlo, è un po’ una ferita aperta che abbiamo. Prima però non posso che ringraziare il Piacenza Calcio, il Comune, la prefettura e la Questura che ci hanno dato questa possibilità. Qui a Salò dobbiamo fare dei lavori e mi sarebbe piaciuto nel frattempo giocare al Rigamonti, su quello che è il mio territorio; credo che tutto sommato, al di là di tutte le questioni, ci sarebbe dovuto essere un riconoscimento su questo, ma la situazione la sappiamo, con il Brescia ancora in bilico tra B e C, per cui non posso fare altro che essere realista». 

Se il Brescia dovesse essere riammesso in B, come vivreste il primo derby bresciano in cadetteria?

«Credo sarebbe molto bello. Noi abbiamo vissuto, fino ad ora, dei derby con il Lumezzane. Un derby fa muovere una città, un territorio, i media. Se ne parlerebbe tantissimo e credo che sarebbe importante per la città. Dovesse arrivare il derby, ne sarei felicissimo». 

Perché il presidente della Feralpi Salò, che sarebbe perfetto anche per il Brescia Calcio, non ha mai voluto acquistare il club cittadina?

«La questione è la seguente. Fare il presidente della Feralpi Salò, al di là di tutto, è diverso che fare il presidente del Brescia Calcio, che è la squadra della città. Io e la mia famiglia rappresentiamo un’azienda di una certa dimensione all’interno del territorio e la scelta che abbiamo fatto di mantenere questa linea, con la serie B che abbiamo ottenuto, è di grande orgoglio. Ripeto, un conto è fare il presidente della Feralpi Salò e un conto è farlo del Brescia e su quest’ultimo punto non ce la siamo sentita». 

È per lei possibile, visto che conosce il mondo dell’imprenditoria bresciana, che un giorno arrivi una proprietà del territorio, oppure un possibile nuovo presidente può arrivare solo dall’estero?

«Siamo in una fase in cui qualche bresciano si sta muovendo sul Brescia. Il fatto oltretutto che la Feralpi abbia raggiunto la serie B credo abbia smosso qualche cuore e qualche testa verso il Brescia. Se fosse così, vorrebbe dire che in qualche modo anche noi abbiamo dato il nostro contributo (ride, ndr). Di colleghi imprenditori ne conosco tanti, oggi c’è un’imprenditoria in città con la quale la squadra potrebbe sognare la serie A, non manca nulla, bisogna solo trovare la forza di mettere intorno ad un tavolo persone che abbiano la passione prima di tutto, perché non è uno sport in cui guadagni dei soldi, anzi per molti anni puoi perderli, e devi avere la voglia di metterci anche la faccia. Io me lo auguro, perché sarebbe bello incontrare qualche collega dall’altra parte, potendo iniziare un rapporto diverso rispetto a quello che c’è adesso». 

Come si coniugano i successi aziendali con quelli calcistici?

«Io ho cercato di portare nel calcio la mia esperienza che ho maturato in azienda. Nel calcio tutti hanno dei ruoli ed io ad esempio non sono mai intervenuto nelle scelte di formazione dell’allenatore perché credo sia la cosa più sbagliata che ci sia. Il presidente è normale che abbia delle idee, ma è giusto che se le tenga con sé, condividendole al massimo con il diesse. L’allenatore ha bisogno di tranquillità nelle scelte e credo che quest’ultima sia stata la chiave per la vittoria dello scorso campionato: vedo troppi miei colleghi che intervengono troppo su allenatori e formazioni. L’esperienza mi ha insegnato a lasciare tranquilli gli allenatori, ognuno ha il suo ruolo e se credi in un mister devi dargli il suo tempo. Poi, se non ti andrà bene, c’è sempre l’esonero».