BASTA ALIBI: CELLINO FACCIA IL PREZZO (GIUSTO) E VEDIAMO CHI E’ DAVVERO INTERESSATO

Brescia. Il ciclo di Massimo Cellino a Brescia e’ finito. In meno di sei anni e’ riuscito a sperperare tutto il grande credito che questa piazza gli aveva concesso. Chiavi in mano. Chi scrive non ha problemi ad ammettere di essere stato tra quelli che, pur sapendo dei precedenti non proprio edificanti del personaggio, aveva fatto un pensiero stupendo sull’upgrade che avrebbe potuto dare il nuovo corso dopo due anni e mezzo nei quali il quadrumvirato Bonometti-Triboldi-Sagramola-Castagnini aveva fatto il massimo, spianando la montagna di debiti e lavorando con un fondo cassa vicino allo zero, garantendo il mantenimento della categoria. Le persone di calcio con cui parlavamo (procuratori, dirigenti, allenatori, giocatori ed ex) ci dicevano: “Cellino è un personaggio particolare, vive di scaramanzie, innamoramenti precoci e odii improvvisi e inspiegabili, ma sa di calcio e riporterà Brescia dove merita”. Poi però in tanti aggiungevano: “Certo bisogna vedere come e se è cambiato dall'esperienza inglese perchè già gli ultimi anni di Cagliari era peggiorato...". 
Già, l'errore che in tanti abbiamo fatto è stato quello di pensare che Cellino fosse ancora quello della semifinale di Coppa Uefa Cagliari-Inter, di Francescoli e Oliveira, di O'Neill e Deli Valdes, di Suazo, Zola, del povero Astori, di Matri e altri ancora. Intuizioni geniali, con cui aveva portato a Cagliari fior di giocatori seppur aiutato da un procuratore amico come Paco Casal, che sapeva fare e... far fare affari.  
Da un po' non era più quel Cellino e a Brescia, infatti, ha avuto un solo anno di lucidità antica: quello della promozione quando acquistò dei top player come Donnarumma, Sabelli, Romagnoli, Alfonso, riscattò Torregrossa, lanciò Tonali, anche se la partenza con Suazo in panchina fu da dimenticare. Per il resto gli anni del Lider Massimo sotto il Cidneo sono stati infarciti di errori, incoerenze, colpi di testa, gelosie verso gli stessi collaboratori, autolesionismi, allenatori spacciati inizialmente come guru del calcio e dopo poco disprezzati ed esposti al pubblico ludibrio. 
Ora la città non ne vuole più sapere. Che a lui piaccia o no. Ne deve prendee coscienza. Ora Cellino partirà alla volta di Miami dove ha fatto sapere di voler restare almeno fino alla prossima partita casalinga (10 aprile con la Ternana). Perchè lui in fondo in fondo è ancora convinto che questa squadra possa salvarsi e comunque avrebbe intenzione di ripartire anche dalla serie C. Eh no, adesso basta. Deve avere il ritegno e il rispetto di mettere davvero in vendita il club che acquistò a un prezzo di favore (6.5 milioni). Non a parole. Non dicendo, solo quando gli pare, "sono stanco, stufo, provato". Basta vittimismi: è colpa di Tizio, anzi no di Caio e perchè no anche di Sempronio. Il responsabile di tutto questo è lui e lui soltanto. Ha gestito per sei campionati il Brescia in modo autocratico, circondandosi al massimo di vassalli che pur di non contraddirlo hanno continuato a suonare l'orchestrina anche quando la nave stava già affondando. 
Sia uomo e rispettoso, colui che fu accolto (checchè ne dica ora) con il red carpet da una città che aspettava il Messia e riponeva in lui enormi speranze. Ha tradito passione e rispetto, affetto e calore. Il sipario sta calando. E' il momento di farsi da parte. Faccia il prezzo per il club. E lo faccia giusto, che il suo business tra Coly (venduto subito dopo l'acquisto della società per 3 milioni di euro al Nizza), Tonali, Torregrossa, Moreo, i diritti televisivi della serie A (oltre 30 milioni) e il paracadute della B (attorno agli 8) l'ha fatto. E con le squadre costruite dalla stagione del massimo campionato in poi non si è certo svenato: certi mercati al risparmio gli hanno consentito di mettere via buona parte di quello che aveva incassato. Non può pretendere di lucrare anche sulla vendita della società. Privata certo, ma di interesse pubblico. Non è il Cellino Football Club. E' il Brescia calcio. Con 112 anni di storia.  
Basta alibi, dica apertamente quanto valuta il Brescia in questo momento. Con la squadra che ha un piede in C e un parco giocatori fatto di tanti prestiti e dei più forti tra quelli di proprietà (Cistana, Bertagnoli) con infortuni che pesano sulle valutazioni di mercato. Così facendo gli alibi staranno a zero anche per chi può essere davvero interessato ad acquistare il club. Una transizione societaria è indispensabile. Cellino ha sprecato il suo momento. Chi vuole prenderne il posto - possibilmente con l'aiuto delle istituzioni, che devono agevolare questo cambiamento dato che tra due mesi si vota per la Comunali e il futuro sindaco non potrà fingere che non esista questa patata bollente - parli ora. Oppure taccia per sempre.  

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