Brescia. Sono passati sette anni da quando Gino Corioni è andato a fare calcio lassù. L’uomo che portò l’Ospitaletto, un paese di poco più di 10.000 abitanti (dove gli è stato intitolato lo stadio), dalla Seconda Categoria alla C1. Che guidò il Bologna dalla serie B alla Coppa Uefa. Che prese il Brescia in cadetteria, campionato vinto cinque volte con i biancoazzurri, e lo condusse al punto più alto con un settimo posto, due partecipazioni all’Intertoto sfiorando la qualificazione alla Coppa Uefa, che fece indossare la maglia con la V sul petto ad Hagi e Hubner, a Baggio e Guardiola, a Pirlo e Toni, ad Appiah e Matuzalem portando allenatori come Lucescu e Reja, Baldini e Sonetti, Mazzone (su tutti) e De Biasi, persino Zeman. La sua gestione finì male, dopo quasi 25 anni, con il rischio di un fallimento, i prodromi di una retrocessione sul campo in C cancellata solo da un ripescaggio, ma sono state più le soddisfazioni che ha dato ai tifosi delle Rondinelle rispetto alle delusioni patite.
A sette anni dalla sua dipartita, nel giorno dell’anniversario che cade questo 8 marzo si riapre il dibattito nella tifoseria bresciana su quanto abbia dato agli appassionati di calcio di questa città. Di certo, nel momento più basso, triste, della gestione Cellino, il presidente Gino Corioni viene rimpianto come non mai.