AMARO STREGA

Il Brescia cade anche nello “spareggio” di Benevento dove decide un gol di Tello mentre Ndoj timbra il palo. Prestazione modesta, sesta sconfitta consecutiva, penultimo posto, -3 dalla salvezza diretta. Ora serve un mezzo miracolo

Benevento. Il Brescia è ormai il cruscotto di un aereo che sta perdendo quota e non si vede come possa essere fattibile una sterzata per tirarlo su, evitando lo schianto. Siamo alla sesta sconfitta consecutiva, la dodicesima in venticinque partite, ormai quasi il 50% in uno sport dove esiste anche il pareggio e abbiamo già scavallato da sei giornate la metà della stagione. Questo è l’aspetto più preoccupante: l’abitudine a perdere. Possanzini fa bene a difendere il suo lavoro e a cercare di proteggere un gruppo che certo esorcismi, lacrime avvelenate agli avversari, mutande viola e sicumera nel volare in aereo di venerdì 17 non possono pensare di risollevare. Ci vorrebbe ben altro. Un’anima da combattenti, magari. E se il mister (ufficialmente…) dice di vedere una squadra che c’è e ha solo bisogno di una scintilla per svoltare, noi continuiamo ad avere la sensazione di giocatori, fasciati in biancoazzurro, molli come pelli di fichi. 

Vicolo cieco. Troppe menti quadrate e poche verticali. Anche a Benevento, così come con il Modena, il Brescia parte discretamente bene (subito una chance per Ndoj che sbaglia il timing poi un tiro di Van de Looi a fil di palo, guarda caso in entrambi i casi su palloni recuperati pressando alto) poi però arriva immancabile il momento in cui si sdraia come Fracchia sul puff nell’ufficio del mega direttore. La squadra di Stellone riesce a superare l’empasse di uno stadio che inizia a rumoreggiare di fronte agli errori banali e irritanti dei giallorossi, si ritrova in vantaggio con un episodio dove la magia di Tallo si unisce alla dabbenaggine di Bjorkengren e reagisce con un palo di Ndoj (l’unico davvero presentabile) e una chance al tramonto del match che Huard si divora come un babà farcito delle peggior cose. Ogni settimana viene toccato un punto più basso. Il Brescia è penultimo con la Spal, con il solo Cosenza alle spalle, a -3 dalla salvezza diretta. Sabato al Rigamonti arriverà un Bari lanciato nella rincorsa al secondo posto e viene da invocare la tanto citata mediocrità, che con quella non si era mai toccato un punto così basso se non nella stagione 2014-15, quella della retrocessione con la penalizzazione poi cancellata dal ripescaggio. Ecco, appunto… Siccome quest’anno non ci sono all’orizzonte squadre che falliranno, liberando posti per chi ha bacini d’utenza virtuosi, non resta che invocare il miracolo calcistico. Più o meno come con Cagni nel 2017.

L’occasione sciupata da Huard nel finale

Ultime speranze. Il lavoro di Re David è adesso soprattutto dal punto di vista mentale. Parlerà alla squadra e ai singoli. Per questa gara aveva chiesto compattezza e gioco, da lunedì alle 14 (ripresa degli allenamenti) proverà a scuotere il gruppo, pretenderà unità, vieterà l’indolenza, ricomincerà a martellare partendo sempre da quei concetti di proposizione e valori umani, palla a terra, testa alta e dignità professionale. Ha il diritto di poterlo fare in piena autonomia. Senza tutor, patron appollaiati sul trespolo, spie della Cia che all’interno dello spogliatoio biancoazzurro purtroppo non mancano perchè c’è chi vuole sempre farsi bello agli occhi del capo, non capendo che così contribuisce ad aggiungere confusione a polvere, cenere a frammenti di squadra. Da questo buco strettissimo passa quel treno che delimita i binari tra una fine gloriosa e una ingloriosa. 

condividi news

ultime news