IL COLORE VIOLA

Il Brescia passa in vantaggio poi viene travolto dalla capolista Frosinone e sprofonda in classifica: ora è solo + 2 sui play out e +5 sulla retrocessione diretta. Ai tifosi non resta che l’amara ironia, indicando il primo responsabile di tutto questo

Brescia. Viaggiatori del tempo, sospinti verso l’impossibile dal sentimento di una vita da cambiare, di un amore da ritrovare o semplicemente da salvare. Giocatori, allenatori e tifosi del Brescia sono ormai tutti in questo corto circuito, che sembra non aver fine e che rischia di mandare tutto a monte. Prima di andare a schiantarsi c’è però ancora un margine di tempo sufficiente per sterzare e salvare il salvabile. 

Rodriguez ha segnato l’illusorio 1-0 appena dopo lo scoccare del minuto 17. E’ forse questo il motivo della sconfitta?

Quando sei disperato. In questo momento si potrebbero elencare, per l’ennesima volta, gli atti di autolesionismo calcistico di colui che sta a capo di tutto e che ha portato in spogliatoio e nel campo i sui guai. Ma ormai ha poco senso. Certo sarebbe cosa buona e giusta se quel signore spiegasse finalmente cosa sta succedendo davvero, cosa è Azerion, perchè ha fatto passare il messaggio che entro il 10 gennaio gli olandesi avrebbero comprato la società intervenendo sul mercato invernale e invece è ancora lui che disfa e briga (perchè prima disfa e poi briga, nemmeno il viceversa) adesso appoggiandosi a un procuratore-intermediario come Alessandro Ruggeri (il figlio dell’ex presidente dell’Atalanta) che è un competente uomo di calcio (l’arrivo di Bjorkengren e Rodriguez è merito dei suoi buoni rapporti con Corvino), ma che spunta dopo che in cinque anni e mezzo sono stati bruciati direttori sportivi senza alcun rispetto per l’uomo ancor prima che per il professionista. E non si dica che si è dovuto fare così perchè Perinetti ha problemi di salute. Questo è il “sistema” di un uomo che vive fuori dal tempo, convinto che continuare a muovere i fogli sulla scrivania sia utile per far vedere che sta facendo qualcosa di buono. Comincia ad essere persino inutile parlare di chi ha provocato questo disastro calcistico con arroganza degna di miglior causa, buttando fumo negli occhi con il suo passato da talent scout, illudendo di possedere un tocco magico che in realtà non ha più da anni perchè l’ultimo periodo a Cagliari, quello di Leeds e ora l’esperienza di Brescia entrano in un calderone maleodorante.

Baez esulta dopo il gol che chiude i giochi

Salvare il salvabile. Ora bisogna più che altro concentrarsi su una squadra che è arrivata ad avere solo due punti di vantaggio sui play out, 5 sulla retrocessione, diretta dopo aver ottenuto la miseria di 1 punto nelle ultime 5 partite, 2 nelle ultime 7, che ha vinto solo una volta nelle ultime 15 gare, e che però parte forte e mette sotto per mezzora la capolista del campionato con i nuovi Bjorkengren e Rodriguez subito decisivi nel debutto del Clotet III. Il vantaggio sui primi della classe è illusorio. Poi però sul più bello, e troppo presto, la luce si spegne. Riemergono errori, omissioni e paure anche di giocatori che dovrebbero dare esperienza e sicurezza oppure che non riescono nemmeno a tirare in porta nonostante da tre campionati e mezzo godano di una fiducia, avendo sempre una maglia pronta da titolare, che nemmeno Mbappè e Messi. Il Frosinone, dopo essersi preso un bello spavento, passeggia sui resti della Leonessa, a tratti irridendola con un palleggio elementare che basta per mandare in tilt i pur lodevoli tentativi di rialzare la testa. 

Spalle al muro. E siamo già alla settimana che porta allo “spareggio” con il Como, quando gli ultras rientreranno al loro posto dopo essersi concessi un pomeriggio di (breve) contestazione, il minimo sindacale per chi ha tutto il diritto di avere anche una crisi di rigetto, ogni tanto, dopo chilometri, notti insonni, gastriti e litigate con mogli, fidanzate e amanti per stare dietro alle promesse di un uomo che pettina chimere, ingannando per primo se stesso. La Curva vuota e i 2.381 presenti, un migliaio in meno di quelli che sono andati a vedere la Germani che pure non se la passa bene, sono la sconfitta più grande per un personaggio che poteva avere a lungo la città ai suoi piedi e che per un bel po’ l’ha anche avuta, ma ha buttato via tutto per vanità, egoismo, sbruffonaggine, incapacità di riconoscere i meriti altrui per poi avere magari il diritto di dividere le colpe, che invece è bravissimo a scaricare sugli altri, isolandosi alla ricerca di un’isola che non c’è, se non nella sua mente. Quella dove si vincono le partite invertendo le panchine, acquistando giocatori nati sotto il segno del leone (il suo, of course), non comprando chi ha un cognome sgradito o è nato nel giorno “sbagliato”. A proposito: complimenti alla mente geniale che ha portato ad esporre, nella porzione di Curva Nord vuota per protesta, quella maglia viola con il numero 17 e sopra di essa le lettere che compongono la soluzione al rebus del responsabile di tutto questo. In quel drappo c’è la pochezza degli ultimi cinque anni e mezzo, il senso, la povertà di idee, l’inusitata voglia di andare sempre oltre. Quella maglia, quel numero, quel colore, sono il biglietto da visita di chi parlò di “mediocrità” e di “complessi di inferiorità”, facendo la morale a una città che sarà anche piena di contraddizioni, dove non mancano le ipocrisie, ma che sa cos’è la verità. La verità sta nel visibile. Tutto il resto è pura e sciocca superstizione. 

Bjorkengren (autore dell’assist) e Rodriguez (il goleador) hanno avuto un ottimo impatto al debutto col Brescia, ma non è bastato