Domenica torna al Rigamonti, con la Reggina, il tecnico con il quale il presidente biancoazzurro ha avuto nella scorsa stagione un rapporto particolarmente turbolento. Tra elogi pubblici e battaglie più o meno sotterranee. Nell’ex centravanti della Nazionale è tanta la voglia di rivincita per un esonero che considera ancora ingiusto
Brescia. C’eravamo tanto amati, o forse no. Con questa frase si può riassumere l’esperienza di Pippo Inzaghi a Brescia sotto la presidenza di Massimo Cellino, con quest’ultimo che fin dal primo giorno ha fatto sì che questo rapporto lavorativo assomigliasse ad un matrimonio turbolento, il cui destino è quello di terminare senza il classico lieto fine delle favole, piuttosto che ad una piacevole ed infinita luna di miele.
Un’estate a due velocità. L’avventura di Super Pippo alla guida delle rondinelle infatti non è stata una passeggiata di salute, con i primi screzi tra presidente e allenatore risalenti addirittura al ritiro estivo di Darfo, quando l’ex bomber del Milan si trovò a disposizione una squadra senza alcun rinforzo reale dal mercato (anche se Tramoni e Léris si dimostrarono poi buoni acquisti), a dispetto delle promesse fatte da Cellino prima della firma sul contratto. Ad aggiungere carne al fuoco furono le dimissioni del direttore sportivo Roberto Gemmi, arrivato solo 44 giorni prima in pompa magna dopo gli ottimi risultati ottenuti nei due anni precedenti al Pisa. In un clima tutt’altro che sereno Inzaghi fu però in grado di lavorare con quel che aveva a disposizione, in attesa di agosto, quando il presidente mise mano al portafogli iniziando ufficialmente la campagna acquisti ed accontentando il tecnico con gli arrivi in biancoazzurro, tra gli altri, dei fedelissimi Moreo e Palacio.
Partenza a razzo. Ritrovata una parvenza di unione d’intenti la stagione del Brescia partì tra l’entusiasmo generale dei tifosi, che vedevano nella scelta di Inzaghi come nuovo allenatore una garanzia per le ambizioni di promozione. Archiviata l’eliminazione in Coppa Italia per mano del Crotone, la squadra ebbe un ottimo impatto con il campionato e, nonostante una difesa un po’ troppo ballerina, si assestò nelle primissime posizioni della classifica, ottenendo la maggior parte dei propri punti in trasferta, anziché fare del Rigamonti un vero e proprio fortino. Dopo alcuni mesi di calma apparente sul fronte rapporto allenatore-presidente, l’insoddisfazione di Cellino per il gioco espresso dal Brescia di Inzaghi andò a minare nuovamente la serenità di tutto l’ambiente.
Esonero, andata e ritorno. La goccia che fece traboccare il vaso fu il pareggio interno (1-1) contro il Cittadella, con l’imprenditore sardo ormai pronto ad esonerare Inzaghi per affidare la squadra a Venturato e fermato solo dall’intervento da mediatore di Marroccu, nel frattempo tornato a lavorare con il suo presidente storico. Serenità ritrovata? Neanche per sogno. Nonostante un girone d’andata chiuso ad un solo punto dalla vetta,e un mercato di riparazione condotto in piena sintonia con il tecnico, ad inizio febbraio Cellino decise di non aspettare più e di esonerare Inzaghi per dar vita al “Lopez Ter”. Il terzo episodio di Diego Lopez sulla panchina delle rondinelle però non si concretizzò a causa del rifiuto dello stesso allenatore uruguaiano di tornare a Brescia in seguito ai malumori della tifoseria, costringendo così la società a correre ai ripari richiamando Super Pippo. In pieno imbarazzo generale il DS Marroccu, in una conferenza stampa improvvisata al centro sportivo di Torbole, dichiarò di non aver mai effettivamente esonerato Inzaghi, seppur il rapporto tra lui e Cellino non godesse più della sintonia necessaria per proseguire nel percorso insieme e che sperava ugualmente in un ritorno dell’ex tecnico del Benevento. Inzaghi, forte anche di una clausola nel contratto che lo tutelava da un possibile sollevamento dall’incarico qualora la squadra fosse tra le prime otto in classifica, tornò alla guida del Brescia dopo 60 ore di confusione più totale. Il mese seguente fu però profondamente segnato da questo episodio e la squadra entrò in una lenta, ma inesorabile fase di declino. I due punti raccolti in tre partite contro Cremonese, Lecce e Pordenone fecero crollare la Leonessa in quinta posizione (a -4 dalla promozione diretta) e perdere definitivamente la pazienza a Cellino che, non tenendo conto della clausola anti-esonero, mise nuovamente alla porta Inzaghi, decidendo di richiamare a sette giornate dal termine Eugenio Corini, ovvero l’eroe della promozione nel 2019, con il quale il presidente aveva avuto un rapporto – tanto per cambiare – piuttosto turbolento.
L’addio e le polemiche. Con una lettera d’addio pubblicata sui propri profili social Inzaghi salutò con amarezza l’intera città, alla quale si era profondamente legato, e con tono polemico si rivolse alla proprietà, mostrando rammarico per non aver potuto concludere il viaggio iniziato nove mesi prima, per essere stato informato dell’esonero solo attraverso una fredda mail, senza nemmeno una telefonata, e per aver visto cambiare in corso d’opera gli obiettivi stagionali. “Mi era stato chiesto un consolidamento della squadra in Serie B – la versione di Inzaghi – con un sogno playoff, dal quale era nato l’impegno della Società a non esonerarmi qualora la squadra fosse rimasta tra le prime otto, ad evidenziare che, se si fosse raggiunto quell’obiettivo, nulla avrebbe potuto togliermi il posto”. Per concludere il post l’allenatore piacentino sottolineò come il suo contratto non fosse stato rispettato, rivendicando maggiori tutele per la categoria: “Seppur privilegiati, anche noi sportivi siamo dei lavoratori, soggetti ad obblighi, doveri e diritti; sottoscriviamo contratti di lavoro come chiunque nel mondo del lavoro, che prevedono i diritti e, soprattutto, i doveri. Trovo assurdo che uno Stato come l’Italia che per l’appunto è una ‘Repubblica basata sul lavoro’, le alte cariche dello sport non assumano responsabilità per tutelare gli impegni contrattuali, scaricandole da una persona all’altra”. Una volta terminata la stagione delle rondinelle con l’eliminazione dai playoff contro il Monza e di conseguenza il sogno promozione infranto, Cellino sollevò dall’incarico Corini per reintegrare a sorpresa Inzaghi. Una mossa che lasciò tutti a bocca aperta, ma prontamente spiegata come una decisione dettata dai timori di una possibile causa legale proprio con lo stesso Inzaghi. Dopo pochi giorni allenatore e presidente si incontrarono per porre definitivamente la parola fine ad un’avventura nata con i migliori propositi, ma come succede spesso quando c’è di mezzo Cellino, degenerata in seguito ad una lunga serie di frizioni.
Face to face. Questa domenica Pippo Inzaghi tornerà a Brescia per la prima volta da avversario per una sfida dal sapore speciale, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate lo scorso 22 novembre a “La Gazzetta dello Sport” con le quali l’allenatore della Reggina ha mostrato ancora amarezza per come è finita l’avventura in biancoazzurro e che sono state un vero e proprio nuovo attacco a Cellino: “Quando vieni esonerato due volte in zona Serie A con una pec, senza una telefonata, violando una clausola, è ingiusto. Forse erano in imbarazzo anche lui (Cellino, ndr) e il d.s. Marroccu per quella decisione, non so. Restano i bei ricordi di squadra e tifosi, mio figlio è nato lì e ho casa lì. Peccato, si poteva costruire qualcosa, avevamo anche il record di vittorie esterne. Dopo Brescia ero giù, la Reggina mi ha fatto tornare la voglia”.
Parole forti e diametralmente opposte a quelle pronunciate invece dal numero uno del Brescia, che ai giornali locali ha elogiato le qualità di Inzaghi come allenatore, consigliandogli solo di essere più sicuro di sé: “Penso che sia un buon allenatore che anche quest’anno sta dimostrando il suo valore. Lo scorso anno gli rimproverai il fatto di non credere abbastanza in sé stesso e di avere più fiducia nei singoli giocatori. Quando lo esonerai a gennaio lui pensò di essere stato reintegrato solo per la clausola, ma io lo avevo tenuto perché lo ritenevo il migliore tra quelli che avrei potuto prendere. Lui da quel momento si sentì sfiduciato e i rapporti iniziarono a precipitare. L’ho sentito in estate per congratularmi con lui quando è andato alla Reggina. Gli voglio bene”.
Al di là delle parole di facciata, il clima in vista di domenica è già caldo e quella tra Brescia e Reggina non sarà una normale partita tra due squadre d’alta classifica, perché Inzaghi considera ancora ingiusto l’esonero a sette giornate dalla fine e in palio sembra esserci molto di più dei semplici tre punti.