ll tecnico della Spal alla vigilia della gara del Rigamonti: “Clotet è un allenatore che stimo”
Ferrara. Daniele De Rossi presenta in conferenza stampa lo scontro salvezza contro il Brescia. La squadra ferrarese è in ripresa, nonostante la sconfitta dell’ultimo turno patita contro il Benevento, e punta a dare continuità a questi segnali per inseguire un sogno chiamato playoff.
C’è molta attesa per questa gara. I tifosi della Spal ritroveranno anche Clotet da avversario…
«Clotet ha allenato qui a Ferrara ed è un allenatore che stimo, nonostante il finale della sua esperienza da allenatore della Spal. Probabilmente conosce meglio di me alcuni miei giocatori, ma quello non conta troppo. Sarà un piacere stringergli la mano e conoscerlo. Per il resto dal mio punto di vista c’è sempre tanta attesa per le partite: le vivo sempre con la stessa tensione ed attenzione. La mia squadra fino ad ora è stata abbastanza discontinua nei risultati, contro il Benevento abbiamo giocato la nostra peggior partita, un passo indietro rispetto a Terni. Dobbiamo essere artefici della nostra prestazione: ciò che vogliamo fare lo sappiamo, poi se troveremo un avversario che sarà migliore di noi vincerà la partita. L’ultima partita ha un sapore agrodolce, perché se non avessero espulso Peda sono convinto che non avremmo perso; le altre sono state buone prestazioni».
Questa squadra sembra avere alcuni problemi ad andare in gol. A cosa sta pensando per porre rimedio?
«Ci sto pensando. Ci sono varie soluzioni, non penso sia solamente un problema di attaccanti ma anche di come li serviamo. Paradossalmente il gol lo stiamo trovando, ma quando lo abbiamo trovato abbiamo smesso di giocare; a Terni invece abbiamo giocato una grande gara pur non avendo segnato. Non dobbiamo mai smettere di giocare e in parallelo aumentare la nostra conoscenza di gioco».
Su cosa avete lavorato in queste due settimane di sosta?
«Su tante cose. Abbiamo lavorato su tanti tasti, durante le soste si possono fare alcuni lavori atletici che possono essere smaltiti più nel tempo. Mi sono concentrato anche sull’uscita con il pallone: contro il Benevento quando superavamo la loro pressione buttavamo il pallone e ciò non mi era piaciuto. La mancanza di pressione in avanti mi aveva infastidito, ma ciò lo fa qualsiasi altra squadra».
Quali sono le caratteristiche del Brescia che possono mettere in difficoltà la sua squadra?
«Il Brescia ha ottimi giocatori. Non è un caso che stia lì, è partito talmente bene che ora può “permettersi” un piccolo calo di tensione. Ha fatto delle buone partite, ha giocatori di grande talento come Ndoj e Benali, se giocherà. Poi in attacco ha attaccanti abili sia sotto l’aspetto fisico ma anche dal punto di vista dell’attacco della profondità. Ha qualche infortunio e ciò può essere sia un vantaggio, ma anche uno svantaggio, perché ci lascia nell’incertezza di chi schiereranno. Possono attuare due o tre moduli diversi, abbiamo preparato qualcosa, ma dobbiamo essere soprattutto consapevoli di essere forti anche noi».
Quale è la soluzione più “gettonata” per l’attacco?
«La più gettonata non te la dico, perché forse è quella che sceglierò domani. Dobbiamo pensare a tutto ciò che può essere un miglioramento per questa squadra. La consapevolezza di poter servire i giocatori nel modo giusto ci lascia però un vantaggio più che il modulo».
Chi ha recuperato?
«Arena è recuperato. Varnier viene con noi a Brescia, ma più per stare con la squadra: non è ancora pronto, il suo infortunio è una recidiva, quindi bisogna prestare attenzione. Almici non sarà convocato, ha sentito indurirsi il polpaccio, oggi ha provato ma non se l’è sentita e quindi non sarà dei nostri».
A che obiettivi può ambire questa squadra?
«Parlare di obiettivi può essere un boomerang, perché è difficile capire le potenzialità di questa squadra. Penso sia una rosa forte, parlare di playoff non è una follia. Vincere con il Brescia ci avvicinerebbe a quell’obiettivo, ma se non vinceremo dovremo guardarci dietro. Non ho mai sopportato quegli allenatori che dicevano, quando avevano uno squadrone, che l’obiettivo era la salvezza. Io sono consapevole di avere una rosa forte, ma sono anche consapevole di non averla costruita io e che siamo partiti un po’ a rilento. Parlare del Brescia è dunque la cosa più logica da fare».
Zeman le ha augurato di “trovare la sua via” e di guardare più alla squadra che ai singoli. Una lezione che sta già mettendo in pratica…
«Voi siete forestieri, non siete di Roma, quindi non sapete il trascorso tra me e il mister. Io l’ho poi incontrato, gli ho stretto la mano con cordialità anche se avevamo avuto dei problemi in passato. Mi fa comunque strano, perché se chiedi a quattrocento compagni che ho avuto e a tutti i miei allenatori ti diranno che nello spogliatoio ho sempre messo la squadra davanti ai giocatori. Da allenatore è ancora più facile questa cosa; è possibile invece che da calciatori ci sia il momento di ego».
Sta dando un’occhiata al mondiale?
«Vorrei guardare più partite. Siamo ancora in balia della sistemazione qui in città. Poi ieri siamo entrati al centro sportivo la mattina e siamo usciti alle 18:15. Capisci dunque come sia complicato per me. Inoltre c’è comunque il rammarico, da italiano, di non esserci».
Ha rallentato i ritmi in questa sosta?
«In realtà no, tra il corso di allenatore che sto frequentando a Coverciano e il lavoro sul campo non ho rallentato. Non dimentico quanto ho voluto fare questo lavoro, prima passeggiavo con il mio vice e riflettevamo su quanto stiamo bene in questo momento».
Mister Spalletti ha sottolineato come sia importante per un allenatore avere un buon rapporto coi media. È d’accordo?
«Sarebbe irrispettoso nei vostri confronti dire che non voglio parlare con voi. Dipende poi se ho qualcosa da dire, tutte le domande hanno un senso la prima volta: poi se si ripetono sempre uguali, mi stanco. Inoltre detesto sentire la mia voce, non ho poi tempo e dopo i calciatori leggono le mie parole tutti i giorni e dicono “ma quello si crede ancora calciatore”? C’è sempre più gusto a parlare una volta ogni tanto, non come in queste conferenze stampa in cui è tutto un non dirvi la formazione o una notizia in più o in meno; tutto ciò diventa poi antipatico. Io non so se Spalletti sia simpatico ai media, ma se poi chiedi a questi ultimi se sia un grande allenatore tutti rispondono di sì. Chi fa ottantasei punti con la Roma per me è un grande allenatore, non un perdente. Se vincerà lo scudetto con il Napoli, verrà decretato il suo essere un vincente, ma secondo me il valore dell’allenatore va stabilito anche secondo altri parametri».