Il brasiliano ricorda la drammatica stagione 2014-15: “Io entravo in campo solo per vincere, così deve fare adesso la squadra senza pensare ai problemi societari. Si gioca per la città, i tifosi e per se stessi. Cinque anni fa feci sapere a Cellino che sarei venuto anche a giocare gratis, ma non volle nemmeno parlarmi insieme”
Castegnato. Tribunali, avvocati, giudici, amministratori giudiziari. Già, ma poi c’è anche una squadra alla quale pensare. Una squadra che domenica 27 tornerà in campo per affrontare la Spal in un match delicato perchè il Brescia non vince da sette partite (più una di Coppa Italia) e l’avversario di turno è la ex di Pep Clotet. Gara ricca di significati la cui marcia di avvicinamento è già cominciata. Un’ex rondinella, Felipe Sodinha, ora attaccante nel Cast Brescia capolista in Eccellenza, prova a mettersi nei panni di Bisoli e compagni, lui che che nel 2014-15 giocò per un Brescia commissariato.
Felipe, stavolta non ci sono di mezzo i debiti come in quell’anno, ma il Brescia è di nuovo in amministrazione controllata e con il presidente dimissionario, come pensi che reagiranno i giocatori?
“E’ sicuramente una situazione difficile. Ogni giocatore ha un pensiero diverso, ma è normale essere preoccupati in queste situazioni. Chi vuole davvero giocare a calcio deve entrare in campo solo per portare a casa i tre punti e non pensare ad altro”.
Quell’anno non vi portavate in campo le problematiche societarie?
“Io no. Eravamo una bella squadra poi magari qualcuno si faceva condizionare, ma io entravo sempre in campo per vincere e andavo anche sotto la Curva Nord a parlare con i tifosi perchè li rispettavo. Vengo da un posto dove il rispetto è fondamentale e chi entra in campo deve dare sempre il 200%”.
Era un anno in cui, contrariamente ad ora dove da questo punto di vista è tutto regolare, non arrivavano gli stipendi. Tu mettesti anche in mora la società con il rischio di farla fallire, perchè?
“Il procuratore che avevo allora mi metteva in testa tante cose ed essendo ancora giovane gli davo ascolto. Dovevo prestare più attenzione a quello che mi diceva il cuore, il mio cuore era per il Brescia. Se potessi tornare indietro non metterei più in mora la società”.
Chi può prendere in mano adesso la situazione all’interno dello spogliatoio oltre all’allenatore?
“Sicuramente Benali. E’ un leader, era in quel Brescia con me ed essendoci già passato sa cosa significa dover giocare per un club sotto amministrazione controllata. Avendolo già vissuto sono sicuro che riuscirà a parlare con i più giovani mettendo loro in testa di giocare per la città, per i tifosi e per loro stessi. E’ un peccato però che a Brescia ci siano sempre questi problemi societari. Questa città meriterebbe la serie A e invece continua a trovare persone che poi l’abbandonano al proprio destino”.
In altre interviste tu eri già stato critico su Cellino e sul suo modo di gestire la società…
“Non sono stupito di quello che sta succedendo. Su di lui ho sentito tante cose negative, non l’ho mai conosciuto di persona, quando arrivò a Brescia gli feci sapere che ero disposto a giocare anche gratis, ma non ha mai nemmeno voluto ricevermi per un colloquio”.