LEZZERINI: “SCORIE DELLA PARTITA PRECEDENTE RIMANGONO SEMPRE. IL MIO DEBUTTO A BRESCIA UNA GIORNATA PERFETTA”. BIANCHI: “DOPO IL GOL AL BENEVENTO MI È VENUTO ISTINTIVO BUTTARMI TRA I TIFOSI E LA NOTTE NON HO DORMITO”

Le due rondinelle si sono raccontate agli studenti dell’Arnaldo. Il portiere espulso sabato: “Stando sotto la Curva sento quanto mi dicono i tifosi, e le critiche talvolta fanno male. Gli insulti degli ospiti invece mi caricano fare meglio”. L’attaccante: “Creare gruppo è fondamentale, cerco di organizzare le giornate coinvolgendo tutta la squadra”

Brescia. Nella cornice del San Barnaba, si è svolto questo pomeriggio l’incontro in collaborazione tra Brescia Calcio e Liceo Classico Arnaldo, intitolato “BSFC at School”. I protagonisti sono stati Luca Lezzerini e Flavio Bianchi che, in un clima disteso e meno “ingessato” del solito, si sono un po’ sbottonati rivelando anche aspetti meno “ufficiali” della loro vita. Il saluto della preside Tecla Fogliata ha aperto la giornata, insieme a quello della società Brescia Calcio, rappresentato dal capo ufficio stampa Filippo Migheli, che ha voluto insistere molto sul tentativo di “legare squadra e città”.

Flavio Bianchi e Luca Lezzerini rispondono alle domande degli studenti
Bianchi e Lezzerini al firmamaglie
L’auditorium in attento ascolto
Flavio Bianchi con il moderatore dell’incontro

Guardando questi ragazzi tra prima e quinta classe, che studenti eravate?

L.L.: «Devo dire la verità, sono più emozionato qui che in campo. Ho frequentato un liceo linguistico, non ero uno studente modello ma me la cavavo. Ho completato il percorso di studi, e capisco oggi il valore di quello che ho fatto in passato». 

F.B.: «Sto frequentando l’IPSIA, ma non l’ho ancora finito. Avendo allenamento spesso la mattina, non sono riuscito a concludere. Ho avuto in passato un mister che mi chiedeva le pagelle e se erano brutte non mi faceva allenare e giocare». 

Come si fa a vivere tra il “già ho vissuto un sogno” e “voglio qualcosa in più”?

L.L: «Domanda complessa, che racchiude tanti aspetti. Tutto parte dal sogno, sono andato via di casa a quattordici anni facendo un all-in per realizzare un sogno. Non mi sento comunque appagato, ci sono altri passaggi che un giocatore di livello medio-alto può fare. C’è sempre tanto da migliorare, sia la giocata, sia nel mio caso il numero di gol subiti. È comunque difficile, non è facile crearsi degli obiettivi concreti. Devi rispecchiarti, cercando di essere più sinceri possibili con noi stessi». F.B: «Concordo con Luca. Anche io ho lasciato casa a quattordici anni per vivere in convitto. I miei vivevano in Piemonte, uscivo un’ora prima da scuola, pranzavo in macchina, mi allenavo e poi tornavo a casa a cena».

Cosa vuol dire essere a Brescia?

F.B: «Stare a Brescia è una responsabilità grande, una maglia che pesa. Segnare un gol con questa maglia è un’emozione indescrivibile, spero di essere ancora nel cuore dei tifosi». 

L.L: «La maglia pesa, ci sono molte più aspettative e pressioni quotidiane, a volte riesci a sopportare e a volte no». 

Cosa avete provato quando siete entrati in campo per la prima volta con la maglia del Brescia?

F.B: «Emozione indescrivibile, sali le scale, vedi la Curva Nord e non puoi non emozionarti. Ti capita di girare questa città e di incontrare i tifosi che ti fanno i complimenti». 

L.L: «La storia me la ricordo. Poi c’è Edo (Edoardo Piovani, ndr) che tutti i giorni ce la racconta ancora. Nella prima partita sono sceso in campo con tante incognite, ho parato un rigore e non ho subito gol. Il coronamento di una giornata perfetta». 

Come ci si sente ad avere la propria carta sui videogiochi?

F.B.: «La mia è scarsa, non usatela, anche se mi porto in panchina nella mia rosa di Ultimate Team (modalità di gioco del popolare gioco di simulazione calcistica Fifa 23, ndr)».

L.L: «Non so se giochi ad Ultimate Team, la mia carta usala per le SBC (tradotto, scartala, ndr)». Risate in sala. 

Sono conciliabili scuola e sport?

L.L.: «La scuola deve aiutare un po’. Lo sport professionistico porta via un sacco di tempo, come alla scuola. Ci vorrebbe collaborazione da entrambe le parti». 

No comment da parte di Flavio Bianchi. 

Avete mai pensato di smettere?

F.B: «Smettere no sicuramente, perché è una passione che ti porti dietro da tantissimi anni. Fai ciò che ti piace, ti diverti e ciò ti spinge ad andare avanti». 

L.L: «Ho avuto un momento molto difficile dopo il secondo infortunio, sapendo che mi mancavano cinque mesi per rientrare. Il tempo poi cura tutti i problemi». 

Vi è mai capitato di ricevere commenti negativi dai vostri compagni di classe per i vostri permessi per il calcio?

F.B: «A volte andando via con la Nazionale, stavo via anche dieci giorni. Qualche compagno magari qualcosa diceva, ma non è colpa nostra». 

L.L.: «Può succedere. La battuta sarcastica è capitata, può dare fastidio, ma fa parte del percorso di crescita».

Il tifo si sente o siete concentrati sulla partita?

F.B: «Lo noti, soprattutto quando entri in campo. Poi però io a volte sono distante, quindi il contorno non lo sento più». 

L.L.: «Io, standoci dietro, lo sento ancora di più, quindi ho più modo di ascoltare. Subisco molto di più l’insulto della nostra gente. Il settore ospiti ti incita invece a fare meglio». 

A cosa pensate per tenere calma la pressione nei momenti decisivi, come calciare o parare un rigore?

L.L: «Prima di parare un rigore, mi concentro solo su quanto devo fare io. Decido dove buttarmi, so l’altezza. Poi spero che lo calci un po’ addosso a me (ride, ndr). Studiamo comunque le varie situazioni». 

F.B: «In partita è tutto differente, c’è un contesto intorno. Il rigore, se è calciato bene, non si può parare». 

Tutto esaurito al San Barnaba

Quale è stato l’avversario più forte che avete affrontato e il più forte con cui avete giocato?

F.B: «Ho giocato contro giocatori come Ibra, Chiellini e mi sono reso conto che sono di un altro pianeta». 

L.L.: «Lautaro l’anno scorso. Ti accorgi di come possa farti gol in ogni modo». 

Quanto si subisce la pressione?

L.L.: «La passione c’è sempre, poi diventa un lavoro. La passione è quella che ti fa alzare il livello tutti i giorni. Poi hai ovviamente obblighi e lavori». 

Flavio Bianchi concorda. 

Come gestite l’ansia prima delle partite?

F.B: «Ti abitui. Non nego che un po’ di ansia ci possa essere, poi pian piano ti passa». 

L.L: «Secondo me invece la pressione c’è. L’unica possibilità è prepararsi il più possibile, come per un compito in classe. Un po’ di tensione c’è, ma fa parte del gioco». 

Flavio, cosa hai pensato subito dopo il gol al Benevento?

F.B: «la prima cosa che mi è venuta in mente di fare è stata buttarmi in mezzo ai tifosi. Non si può fare, infatti mi hanno ammonito». 

In che lingua parlate con i ragazzi stranieri?

F.B: «Parliamo anche inglese per dargli una mano. Loro comunque studiano molto». 

Quale è la squadra in cui avreste sempre voluto giocare?

F.B.: «Ho fatto tanti anni a Genova, e quando è così vuoi sempre giocare in prima squadra. Poi l’ambizione di un top club c’è sempre». 

L.L concorda: «Le squadre più forti sono comunque l’ambizione di tutti». 

Avete un idolo?

F.B.: «Cerchi di imparare il meglio dai più forti. Un punto di ispirazione preciso non ce l’ho. Dal punto di vista fisico è chiaro che posso assomigliare ad un attaccante come Aguero, devo basarmi sulla realtà per avere un idolo». 

L.L.: «In questo momento il mio modello è Courtois. Dal punto di vista caratteriale Daniele de Rossi». 

Avete mai giocato all’estero? Dove siete stati accolti meglio?

F.B.: «All’estero ho giocato solamente amichevoli, quindi c’era comunque cordialità tra squadre. Nella competizione quella componente amichevole non c’è». 

Oltre al calcio, quali sono le vostre altre passioni?

L.L.: «Mi piace molto il basket, sono già andato a vedere la Germani. Amo anche l’NBA». 

Messi o Ronaldo?

L.L.: «Non vale (ride, ndr)

F.B: «Ti dico Messi, facciamo così». 

Come si fa a spegnere la tensione del sabato e ricominciare la quotidianità?

L.L: «Scorie, sia nel bene sia nel male, rimangono sempre. Te le porti avanti per qualche giorno, puoi avere anche l’euforia della buona prestazione, ma sai che la partita dopo verrai giudicato comunque. Abbandonare del tutto non è possibile, non hai un interruttore per cancellare ciò che hai fatto e non hai fatto, ma poi ti focalizzi sulla partita dopo». 

F.B.: «Dopo Benevento non ho dormito. Difficilmente dopo le partite dormo. Col passare dei giorni prepari poi la partita e allenandoti coi compagni cerchi di sdrammatizzare, prendendo nota degli errori e ripartendo da capo». 

C’è un allenatore che ammirate o con cui vi siete trovati particolarmente bene o male?

F.B: «Ogni mister ha qualcosa da insegnarti, qualcosa da dirti ce l’ha sempre. Se ti trovi bene o male è comunque il tuo mister, quindi devi sempre comportati bene». 

Lezzerini approva. 

Questo aspetto valeva anche per gli insegnanti?

B: «Va così». 

L: «Il percorso scolastico ti porta ad avere rapporti migliori o peggiori». 

Vi riguardate dopo la partita?

L.L.: «Sì, la rivedo. Dopo due giorni me la riguardo anche con l’allenatore dei portieri». 

F.B.: «C’è una piattaforma per valutare i dati partita. Poi la riguardiamo anche con il mister». 

Avevate un piano B per il futuro?

F.B.: «Fortunatamente ho avuto la gioia di fare il calciatore, quindi non ho ancora pensato ad un piano B». 

L.L.: «È difficile pensare ad altro, quando stai giocando». 

Convocazione ai mondiali o finale di Champions?

F.B.: «Non so cosa sceglierei. Probabilmente il mondiale». 

L.L.: «Penso anche io la convocazione in nazionale. Mettere la maglia della nazionale, cantare l’inno, è un’emozione unica». 

Quanto è importante il gruppo?

L.L: «Per me è l’80% dei successi della squadra. Con quello puoi sopperire a tante cose». 

C’è stato qualcosa nel vostro percorso a cui avete rinunciato?

F.B.: «Ho rinunciato comunque a tanto. Ad esempio la maggior parte dei ragazzi della mia età a luglio è al mare, mentre io sono in ritiro. Lo stesso capita se volessi uscire la sera prima della partita, non posso farlo». 

L.L.: «La parte più difficile è la dieta. Non sforare mai, le nonne le abbiamo, le mamme che cucinano le abbiamo, quindi non è facile». 

Chi sono Luca e Flavio quando non sono giocatori del Brescia?

L.L.: «Mi piace andare al cinema, o uscire a passeggiare con la ragazza o gli amici. Cose molto semplici». 

F.B: «Cerchiamo di essere ragazzi molto alla mano. Mi piace organizzare eventi, come una giornata a paintball. Creare gruppo mette serenità e fa stare bene tutti quanti». 

Come definireste il rapporto mister-giocatore?

L.L.: «Dipende un po’ anche dall’allenatore. Il carattere dell’allenatore condiziona molto. Solitamente c’è distanza, rispetto dei ruoli. Talvolta ci può essere anche un rapporto padre figlio: ogni tanto l’allenatore ti bacchetta, o ti fa i complimenti». 

F.B: «In un gruppo l’allenatore non può venire sempre a farti i complimenti, perché magari l’altro giocatore poi ci rimane male». 

Vi ha sostenuto la famiglia nel vostro percorso?

F.B: «Mia mamma inizialmente l’ha vissuto davvero male. Fa parte però della crescita di un ragazzo che vuole giocare a calcio. Devi farti tante cose da solo, inizi a farle presto, quindi è molto formativo». 

L.L.: «Il supporto della famiglia è stato fondamentale. Quanto hanno fatto per me è stato tutto». 

Come affrontate il calciomercato?

F.B: «Quando giochi in una squadra, devi dare il massimo per la squadra in cui sei. Non puoi pensare ad altro. Ti godi quello che stai facendo». 

L.L: «È un periodo stressante, se sai di dover cercare un’altra squadra. Escono notizie, non sai se sono vere o finte, quindi devi riuscire ad estraniarti da tutto». 

Avete sempre voluto giocare nel vostro ruolo attuale?

F.B: «Sì, a me piace fare gol. Non mi butterei mai come fa lui (ride, ndr)». 

L.L.: «Sì, ho sempre voluto fare il portiere».

Fate il fantacalcio?

F.B: «Non mi appassiona per nulla».

L.L: «A me piace molto. Mi schieravo sempre l’anno scorso, è una cosa goliardica che mi piace»

Come prendete le critiche?

L.L.: «Fanno parte del calcio. Soprattutto con i social, ormai è così»