“Clotet e Cellino fanno bene a parlare di salvezza, ma si può pensare anche a qualcosina di meglio. Del calcio oggi non sopporto i passaggi laterali da dietro e le disattenzioni nel marcare. Nel 1987 il mio Ascoli vinse al Rigamonti per la troppa supponenza del Brescia mentre la retrocessione in C con le rondinelle nel 1982 ancora mi brucia”
Bagnolo Mella. Bresciano di Bagnolo Mella, Francesco Vincenzi ha vestito la maglia delle rondinelle nella stagione 1981-82 totalizzando 25 presenze e 7 gol, non riuscendo però ad evitare un’amara retrocessione dalla B alla C1. Dopo aver militato nella Roma, con la quale è arrivato in finale di Coppa dei Campioni persa contro il Liverpool nel 1984 e aver vinto una Coppa Italia nello stesso anno, si è trasferito all’Ascoli. Con i marchigiani ha collezionato in tre stagioni 77 presenze e 28 reti, conquistando la promozione in Serie A nel 1986 subito dopo la retrocessione dell’anno precedente.
Terminata la carriera da calciatore Vincenzi ha iniziato quella da allenatore, partendo dalle giovanili del Milan – squadra nella quale è cresciuto da giocatore – fino ad arrivare oggi al Casaloldo in Seconda Categoria. Sabato Brescia-Ascoli sarà una partita speciale per lui, un doppio ex che ha ricordi diametralmente opposti delle esperienze in questi due club.
Che impressione le ha fatto questo Brescia? E cosa pensa dell’obiettivo salvezza inB per una piazza così importante?
“A inizio stagione ho visto un ottimo Brescia, ora sta vivendo un periodo di calo come è normale che sia. Succede a tutte le squadre che partono forte ed in particolare a quelle che giocano molto alte. All’inizio sorprendono, poi vengono studiate e capite dagli avversari. Spesso quando si fanno le analisi ci si dimentica che si gioca contro altri 11 giocatori e che non si è da soli in campo. Per quanto riguarda gli obiettivi credo che presidente ed allenatore abbiano preferito volare bassi, non caricando di pressione la squadra e l’intero ambiente. Non posso dire che sbagliano ad avere come obiettivo la salvezza, ma la classifica è talmente corta che si può anche entrare ai playoff, nonostante quando sei a metà classifica puoi rischiare di trovarti addirittura invischiato nella lotta per non retrocedere. Il Brescia non sarà una squadra eccezionale, ma ha giocatori di categoria, quindi spetta a Clotet, che reputo molto bravo, tirar fuori il meglio dalla rosa a disposizione”.
Da ex attaccante cosa pensa di Ayè e di Moreo? Soprattutto di quest’ultimo, che spesso viene fatto giocare lontano dalla porta. Il Brescia ha sbagliato a non prendere un attaccante da 20 gol?
“Moreo e Ayè sono ottimi giocatori, due buoni realizzatori. Nel calcio moderno vienerichiesto ad alcuni attaccanti di sacrificarsi e di adattarsi in ruoli a loro non propriamente congeniali. Al Brescia secondo me manca un punto di riferimento in attacco, un giocatore esperto che sia in grado di far salire la squadra e di farla rifiatare. È un reparto offensivo un po’ leggerino, che avrebbe bisogno di più aiuto da parte dei centrocampisti che finora hanno lasciato troppo spesso isolate le punte. L’ideale sarebbe stato avere un attaccante di peso con i vari Ayè, Bianchi e Moreo a girargli attorno”.
Ha parlato di calcio moderno. Come lo valuta?
“Il calcio va avanti e si evolve come tutte le cose. Ciò che mi fa storcere il naso è il possesso palla laterale fine a sè stesso, che viene preferito alla verticalizzazione. Per me non è un problema se un giocatore commette un errore, ma verticalizzando è molto più probabile che l’errore lo si commetta a ridosso dell’area avversaria, avendo così tempo per risistemarsi. Con il palleggio da dietro invece se si perde palla si rischia di prendere gol più facilmente. Un altro grosso problema del calcio moderno è che non si è più capaci di marcare. Non si insegna più ai difensori la marcatura a uomo, ma si propone solo quella a zona, che favorisce gli attaccanti. Vedo molta disorganizzazione nel marcare, dovuta, secondo me, a un problema di concentrazione. Bisognerebbe insegnare nuovamente a marcare sia quando si è in fase di possesso che in quella di non possesso. Inoltre ci sono pochi giocatori in grado di giocare l’uno contro uno, perché in Italia siamo troppo fissati con il sistema”.
Tornando al passato. Quali sono i suoi ricordi delle esperienze a Brescia e ad Ascoli?
“Di Brescia ho un ricordo amarissimo dovuto alla retrocessione. Avevamo una squadra con il potenziale per vincere il campionato, ma ci ritrovammo in C. Ancora mi brucia, da bresciano. Il ricordo di Ascoli invece è molto più positivo. Il primo anno siamo retrocessi dalla Serie A, ma siamo subito tornati su facendo poi bene anche nella massima serie”.
Lei era in campo in Brescia-Ascoli nel maggio dell’87’ quando l’Ascoli vinse in rimonta 2-1 condannando di fatto le rondinelle alla retrocessione. Si ricorda come andò la partita ed è in grado di spiegare cosa accadde?
“Ricordo che al Brescia bastava un pareggio, andando poi a giocare la settimana dopo a Torino contro la Juventus tagliata fuori dal discorso scudetto. Fecero benissimo nel primo tempo, tanto che nel corso dell’intervallo qualcuno di loro stava già festeggiando negli spogliatoi. Quel gesto mi diede dispiacere e dissi loro che la partita non sarebbe finita con quel risultato. Nel secondo tempo rientrarono male e ribaltammo la sfida, nonostante anche a noi potesse andar bene un pareggio dovendo poi giocare in casa contro il Napoli già campione d’Italia la domenica successiva. Sul 2-1 in nostro favore fu un dramma per il Brescia, che buttò via quella partita”.
Per concludere, che partita si aspetta sabato?
“Non mi avventuro in pronostici perché sbaglio sempre. La Serie B è un campionato strano: l’Ascoli perde in casa ma poi vince in trasferta, mentre il Brescia al Rigamonti ha fatto bene finora e ha bisogno di fare risultato. Per questo forse sono leggermente favorite le rondinelle”.