POSSANZINI: “DI NUOVO AL BRESCIA ANCHE PER TRASMETTERE SENSO DI APPARTENENZA”

L’ex capitano del Brescia torna alla guida della Primavera dopo sette anni con De Zerbi: “A Roberto devo tanto, ma sentivo il bisogno di tornare a casa per esigenze famigliari. Lavorerò sul 4-3-1-2, ma voglio esaltare le qualità dei calciatori e ai ragazzi chiedo soprattutto rispetto per loro e per gli altri”

Torbole Casaglia. Davide Possanzini torna a casa. Dopo i sei anni da calciatore (190 presenze, 58 gol) e i tre già da allenatore del settore giovanile, rieccolo in biancoazzurro alla guida della Primavera che aveva già guidato nel 2014-15 e che ora eredita da Gustavo Aragolaza. La (ri)presentazione, per lui che a Brescia vive ormai da anni avendo sposato una nostra connazionale e avendo qui messo al mondo un figlio, Tommaso 12 anni, avviene nel Centro Sportivo di Torbole Casaglia che nelle sue precedenti esperienze al Brescia ancora non esisteva e che ha potuto visitare per la prima volta nei giorni scorsi con i due uomini del settore giovanile biancoazzurro ovvero Paolo Migliorati e Nereo Omero Meloni che erani presenti alla conferenza stampa, ma non vi hanno preso parte. 

Bentrovato Davide Possanzini. Dopo tanti ritorni negli ultimi anni al Brescia tra calciatori e allenatori, mancava il tuo…

“La mia volontà era tornare a casa e Brescia ormai è la mia casa in tutti i sensi. Sono felice di tornare in un club che mi ha dato tanto come giocatore e dove già avevano allenato. Trovo un club tutto nuovo, da fuori mi sono fatto l’idea che si vuol far qualcosa di veramente buono. Il Centro Sportivo di Torbole Casaglia ne è la dimostrazione lampante”.

Cosa ti porti appresso dai sette anni con De Zerbi tra Foggia, Sassuolo e Shakhtar Donetsk?

“Sono stati sette anni fantastici. Ho conosciuto persone meravigliose, modi di lavorare incredibile, posso dire di aver fatto lo spettatore da dentro. Ho visto che il calcio è uguale dagli esordienti alla Champions League. Voglio trasmettere ai ragazzi la passione che ho per questo sport, da lì passa tutto e viene la voglia di superare i propri limiti. A Roberto ho detto che volevo fermarmi per prendermi tempo da ridare alla mia famiglia, sento il bisogno di stare di più con i miei figli e mia moglie. Ho parlato con lui l’ultima volta prima che uscisse la proposta del Brescia poi non ci siamo più sentiti”. 

Davide Possanzini durante la conferenza stampa come nuovo allenatore della Primavera del Brescia

Pensi che De Zerbi abbia capito la tua scelta di vita o che sia rimasto male in un momento nel quale il suo futuro professionale è ancora incerto? 

“Anche lui sa bene che al Brescia non si può dire di no. L’esperienza della guerra vista da vicino mi ha fatto capire che c’è di peggio che perdere una partita, bisogna saper prendere sempre il bello dello sport. Credo che a Robi faccia male questo nostro distacco dopo tanti anni, fa male anche a me, gli devo tanto. Mi ha fatto arrivare a contatto col grande calcio, ho potuto scendere sul terreno del Bernabeu, uno stadio che vedevo da piccolo in televisione. Roberto per me rimarrà sempre Roberto, se fossi rimasto con lui sarei andato ad allenare probabilmente in squadre importanti e con stipendio alti, ma non mi interessano in questo momento le scelte di comodo”. 

Porterai nella Primavera del Brescia il suo modo di intendere calcio fatto di dominio del match e impostazione dal basso?

“Accettai di andare a lavorare con Robi perchè quando lui era al Darfo e dopo aver fatto insieme il corso di allenatori ci trovavamo al bar e stavamo ore a disegnare sui figli le nostre idee di un calcio propositivo. E’ quello che vorrò fare anche a Brescia, ma deve essere prima di tutto un calcio che esalti il calciatore. Di calcio parlano tutti, ma i protagonisti devono essere i giocatori. 

Hai già parlato con Clotet?

“Non ancora. Avrò modo di farlo presto. Sul sistema di gioco ho già parlato con Meloni e Migliorati, l’idea è portare avanti il 4-3-1-2, ma nel calcio a inizio partita c’è un modulo e io vorrei che non si capisse come gioca la mia squadra per non dare punti di riferimento”. 

Cosa ha fatto Meroni per convincerti?

“Ci ha messo poco. Quando ha saputo che avevo lasciato lo staff di De Zerbi, mi ha subito contattato, ci eravamo parlati un paio di anni fa, mi aveva contattato per andare con lui all’Alessandria, ma gli dissi di no. Mi spiaceva dirglielo anche stavolta… (ride, ndr). Scherzi a parte, abbiamo tante cose in comune nel lavoro con i ragazzi. Mi sento di appartenere al Brescia perchè ho dato sempre tanto, tutto, da mattina a sera, a volte ho fatto bene, a volte no. Vorrei che i ragazzi capissero chi ha portato questa maglia e che cosa rappresenta. Brescia non deve essere punto di arrivo, ma utili per meritarsi anche palcoscenici più importanti. Come tutti gli sport, ma questo più di altri, ti insegna a vivere”. 

A cosa ripensi in particolare della tua esperienza a Brescia da giocatore ?

“Dire la finale play off col Torino è facile, ma anche già nella prima partita a Sesto San Giovanni in Coppa Italia quando segnai subito scattò il feeling. Ho anche ricevuto anche critiche pesanti, ma come nelle migliori famiglie si litiga e poi si torna in armonia.  La V sul petto per me c’è sempre stata ed è molto importante”. 

Cosa vuol dire per te senso di appartenenza? Nel calcio se ne parla spesso…

“Credo debba essere la prima cosa se penso ad un ragazzo del settore giovanile. Un ragazzo deve rispetto al gruppo e all’individuo, un tuo compagno di squadra deve essere come un tuo parente e per lui devi fare di tutto. I ragazzi al giorno d’oggi hanno tante distrazioni, ma se c’è il rispetto c’è tutto”.

Ti vedi un giorno come primo allenatore di una prima squadra?

“Ho accumulato tanta esperienza, so quello che voglio. Ripartire ora da solo in Primavera è la scelta giusta. Per il futuro sono aperto a ogni cosa”. 

Come vedi Caracciolo come diesse?

“Non ci parlerò mai… Scherzo, dai. Ci siamo incontrati, gli ho detto solo di resettare. Dobbiamo imparare anche ad ascoltare gli altri, questo è il passaggio necessario da giocatore a dirigente o allenatore”. 

Ritroverai Arcari, che sarà il tuo preparatore dei portieri…

“Ho detto a Michele di prepararsi, che lo userò come pungiball… (ride di gusto, ndr)”. 

Hai già parlato anche con Cellino?

“Per ora mi bastano Meroni e Migliorati, sono loro i miei interlocutori. Quando ci sarà l’occasione parlerò anche con il presidente”.