CORINI: “ERO TORNATO PERCHE’ VOLEVO RIPORTARE IL BRESCIA DOVE AVEVO DOVUTO LASCIARLO. IO E CELLINO TROPPO DIVERSI PER DURARE OLTRE IL BREVE TEMPO. HO IL RAMMARICO PER L’ANNO DI SERIE A. ABBRACCIO TUTTI I BRESCIANI, RESTO UN GRANDE TIFOSO”

Conferenza stampa di addio, con toni come sempre da grande signore, per il tecnico di Bagnolo Mella che ha rescisso il contratto che lo legava fino al giugno 2023. Tanti i temi toccati: “Tutti gli urti, retti con dignità, avuti con il presidente mi hanno reso più forte. Non so se abbia in atto un ridimensionamento, dovete chiederlo a lui”

Brescia. Anche nel momento del saluto, stavolta probabilmente definitivo, Eugenio Corini si dimostra un grande uomo, come pochi ne sono passati negli anni a Brescia nell’ambito calcistico. Ha riunito nella splendida cornice del Blu Hotels, a intervalli di tempo anche sede dei ritiri pre-partita del Brescia, i giornalisti per far sì che facessero da tramite per un saluto affettuoso a tutta la città e alla tifoseria alla quale ha regalato la serie A nel 2019. Hanno risposto presente praticamente tutti quelli che seguono abitualmente le rondinelle, segno di un rapporto vero, onesto, sincero e fatto di rispetto reciproco anche con la stampa.

“Ci tenevo a salutare voi e tutta la città – attacca l’uomo di Bagnolo Mella senza bisogno di domande-. Non ho mai considerato il mio ritorno quest’anno un Corini-ter, piuttosto la fine di un ciclo, di un percorso, la chiusura di un cerchio. Le radici dentro di me sono forti e anche per questo sono tornato, la mia vita professionale è chiara, ma non pensavo mai di dover tornare nemmeno la prima volta. Tutto nacque in una notte. Come in tutti i percorsi, in questi anni a Brescia ci sono state cose belle e altre meno, momenti difficili. Ci sono state tante difficoltà, il rammarico c’è come in qualsiasi storia. Nel 2019 abbiamo raggiunto un traguardo grand. Arrivati in serie A, per me sarebbe stato facile dirci arrivederci, ma sentivo troppo mia la serie A e quindi decisi di restare. C’è il rammarico di non avere avuto a disposizione un campionato intero da giocarmi in A, sono convinto che potevamo salvarci. Sono tornato quest’anno sapendo di avere un margine di errore basso, ma è stata anche la spinta emotiva decisiva perchè volevo lasciare la squadra dove l’avevo portata. La rifarei ancora. Sentivo una spinta, un’energia giusta”. 

Tornando al campionato di serie A pensi che si potesse fare qualcosa in più? 

“Andate a riguardarvi chi affrontammo nelle prime sette giornate. Ora abbiamo capito che in A ci si salva con 32-33 punti. Serviva un po’ di pazienza. Avevamo un’identità forte e sarebbe uscita anche alla distanza. Giocammo bellissime partite anche contro grandi squadre: Juve, Inter, Milan, a Bologna persi al 90’ e fui mandato a casa per la seconda volta”. 

Come sei riuscito a resistere con un presidente che ti mise in discussione già nel finale del campionato di serie B che stavi vincendo (impossibile non ricordare gli elogi al Verona dopo il 2-2 al Bentegodi che di fatto faceva fare un ulteriore passo in avanti alle rondinelle o altre critiche, diventate aspre già alla terza giornata in A dopo la rocambolesca sconfitta in casa con il Bologna) e che non ha mai mancato di attaccarti anche sul piano personale (vedi il discorso della brescianità, che se l’avesse saputo prima…). Non le hai mai viste come mancanze di rispetto verso il grande lavoro che stavi facendo?

“Parlerei più che altro di un modo di fare calcio molto personale. Le sollecitazioni sono state tante, reggere tutto l’urto emotivo mi ha fatto sentire un allenatore più forte. Quando tu reggi l’urto e hai una tua dignità poi ha la coscienza a posto e il risultato più bello è stato quello. Ora sento di essere ancora più forte”. 

Tra gli episodi di quest’ultima stagione quante volte ripenserai al pareggio con la Spal?

“Dentro quel pareggio c’è una delusione incredibile, ma se avessimo vinto a Cittadella saremmo andati comunque in serie A. Stare dentro le critiche e le sollecitazioni è stato importante anche quest’anno. Quando dico che non è mai finita, intendo questo”. 

Chiudi con una gestione atipica, con l’ultimo presidente padre padrone in un momento in cui il calcio va sempre più verso i fondi di investimento?

“Un allenatore deve essere sinergico alle strategie societarie. Una società deve pianificare attraverso un progetto, sia in estate che inverno quando ancora c’è tempo di sistemare la squadra . 

La sensazione è che non saresti andato avanti con il Brescia nemmeno in serie A, è anche perchè c’è in atto un ridimensionamento?

“Io e Cellino sapevamo che stavolta saremmo andati avanti solo in un tempo breve. In serie A, dove non c’era il filtro del direttore, il rapporto si era deteriorato. In questi due mesi è stato sereno, ma abbiamo caratteri troppo diversi. Ho rescisso perchè sentivo che non sarei potuto tornare un’altra volta. Volevo salutarvi perchè non avrei mai potuto tornare a parlare di tecnica o di tattica un’altra. Stavolta sapevo che era definitivo. Se voglia o meno ridimensionare ora non sta a me dirlo, dovete chiedere a lui cosa ha in testa di fare (cosa che abbiamo provato a fare, inutilmente ndr)”.  

Che Brescia hai trovato e che Brescia lasci?

“Il Brescia ha fatto un girone d’andata molto importante poi c’è stata una fase di difficoltà quando le altre invece correvano. Con il mio arrivo ho cercato di spingerlo a fare un calcio aggressivo e di costruzione. Abbiamo meritato di vincere dove abbiamo vinto e ne avremmo meritata anche almeno una delle due trasferte tra Monza e Pisa nella stagione regolare. Con la Spal avevamo gli attaccanti che non stavamo bene eppure con Tramoni eravamo riusciti a passare in vantaggio. E’ stato un play off molto bello con il Perugia, un match caratteriale, tecnico e tattico. C’è il rammarico anche per gli infortuni che hanno limitato la rosa con il Monza nei play off: prima abbiamo perso Cistana poi i due laterali di difesa. Sono tornato per la stima che Marroccu ha nei miei confronti, con il presidente ci siamo confrontati su tante cose che ci avevano diviso. Sono state importanti le cose dette, abbiamo parlato da uomo a uomo. Sono tornato perché avevo visto in lui l’ambizione di portare il Brescia in serie A. Ora ripeto non so cosa voglia fare, ho rescisso perchè il mio tempo con lui era definitivamente finito”.

Sei riuscito a salutare la squadra? Ora ti aspettano altre sfide?

“Ho salutato la squadra tramite il capitano. Per quanto mi riguarda non so se accadrà qualcosa, dovessi trovare l’occasione giusta mi piacerebbe ripartire. Dopo la rescissione qualche contatto informale c’è stato, ma nulla di più”.

Anche durante la diretta della tua conferenza che abbiamo trasmesso in diretta sulla pagina Facebook di Bresciaingol sono arrivate tante belle parole su di te prima di tutto come uomo. Questa è la soddisfazione più grande?

“Dire che è fondamentale. Un tecnico viene giustamente criticato se sbaglia qualcosa sul piano tecnico, noi bresciani siamo molto riservate e io mi sento tale quindi essere riconosciuto come uomo, come una bella persona è la cosa più bella. Ho avuto un rapporto straordinario con la tifoseria: dall’ultrà al bambino che ti ferma per strada, all’uomo di 70 anni che ti dà la carica. Questa è la felicità più bella, ho sentito anche questa volta la spinta giusto. Sognavo di rivivere la festa del 2019. Delle tante partite di questi mi porterò per sempre dentro quella con il Cosenza quando vincemmo 1-0 ed erano in 4000 a spingerci al Rigamonti. Penso poi ai 7-8000 a Verona, ai 10000 bresciani a San Siro con il Milan, ma anche lo stadio che nelle ultime partite di questa stagione era tornato a vibrare di emozione”. 

I dati dicono che cinque allenatori negli ultimi 30 anni hanno portato il Brescia in A e tu sei tra questi. Significa che a Brescia bisogna rassegnarsi a vivere in cadetteria per prendersi solo ogni tanto qualche parziale soddisfazione?

“I numeri parlano chiaro, ma è bello pensare che in futuro ci sarà qualcosa di diverso, magari anche con qualche imprenditore bresciano che darà una mano. Crederci sempre è fondamentale ed è quello che spero ormai solo da tifoso”. 

Hai trovato un ambiente piatto quando sei tornato?

“No, ho visto già con il Vicenza che c’erano segnali di risveglio e vibrazioni. E’ sempre la squadra che deve determinare l’atteggiamento dei tifosi che da 5000 diventano 15000 come successo a noi nei play off. La gente va conquistata con bel calcio e impegno. Con Marroccu ci siamo sentiti ieri dopo 10 giorni, c’è un grande rapporto di stima e amicizia. Abbiamo dato tutto per il bene della squadra, volevamo portarla e lasciarla in serie A. Mi sento sereno. Ho chiuso degnamente anche con il presidente”.

Com’è stato il tuo rapporto con Balotelli?

“Quello con un ragazzo che ha bisogno di essere sostenuto. Il talento c’è, la continuità gli fa difetto. Anche come atteggiamento gli manca qualcosa. I gol comunque li ha fatti con me. Ho apprezzato che sotto la mia gestione ha cercato di andare oltre certi suoi limiti”. 

Pensi che Donnarumma avesse sofferto il suo arrivo? Come spieghi l’involuzione così clamorosa di Alfredo dalla B a alla A?

“Non credo sia dipeso dall’acquisto di Mario. In A bisognava alzare il reparto tecnico, lo sapevamo tutti. E poi pensate che le emozioni che avete provato tutti quando è arrivato uno come Mario. Poteva essere un valore aggiunto”. 

Quest’anno è mancato più un trequartista, una punta da doppia cifra già in stagione regolare o ricambi in difesa che ti sarebbero serviti nei play off?

“Oggi non mi sembra giusto parlarne. Avrei risposto a questa domanda se fossi stato ancora l’allenatore del Brescia”.

Tonali ha fatto con te il suo primo campionato vero e dopo tre anni è diventato campione d‘ Italia. Cosa pensi di lui ?

“Sono felicissimo della sua consacrazione nel grande calcio. Era fisiologico che pagasse l’ambientamento al Milan, ma aveva anche riposato poco in quell’anno. E’ reduce da una stagione straordinaria, ha segnato gol decisivi, io e il mio staff lo seguiamo ancora con tanto affetto. Sarà un faro della Nazionale. In questo momento per come fa interdizione, rilancia l’azione, si butta in area e costruisce è un centrocampista top. E’ proprio un centrocampista moderno”. 

C’è un uomo che magari giocava poco con te, ma che non dimenticherai mai di questi anni a Brescia?

“Ho stabilito un legame speciale con tutti. Se devo proprio dire nome indico Edoardo Lancini, che con me ha giocato solo 15’ contro il Benevento a promozione acquisita, ma ha sempre dato tutto. E’ bresciano, ci tiene a questi colori, mi fa piacere si sia creato un rapporto tra me e lui fatto di telefonate, consigli, auguri. Ha fatto una grande stagione con il Palermo e mi fa piacere”. 

Cistana e Torregrossa sono esplosi con te…

“Quando arrivai erano un po’ ai margini. Vedere i tuoi ragazzi che migliorano perchè non si chiudono in loro stessi è bellissimo. Andrea lo vidi in Brescia-Pescara nella sua prima gara da titolare, quando ero in gradinata per il mio staff a causa dei mancati accrediti che avevo chiesto al Brescia in un periodo di aggiornamento (e da quella vicenda nacque paradossalmente il suo approdo al Brescia, che vedi involontario protagonista anche chi scrive, ndr) perchè Gastaldello era squalificato e  dissi “cavolo, che bravo”. Decisi di puntare su di lui perchè e’ veloce, ti dà superiorità numerica in costruzione, resilienza perchè sa resistere alle difficoltà della partita. Con Ernesto ricordo lunghe chiacchierate dove lo spingevo a fare sempre meglio. Una volta dissi che nemmeno lui sa quanto è forte e lo penso ancora”. 

Hai un consiglio o un in bocca al lupo per Clotet?

“Faccio l’in bocca al lupo alla squadra e alla città. RIngrazio città, staff, squadra, presidente, abbraccio tutti i bresciani. E ovviamente a Clotet, se sarà lui il nuovo allenatore, auguro ogni bene con la squadra per la quale tifo”.