Tanti sono stati i cambi di allenatore da quando (agosto 2017) l’imprenditore sardo è proprietario del club. Anche con Corioni tante sostituzioni dei mister, ma c’era almeno chi finiva la stagione. La natura del presidente attuale ormai è ben nota
Brescia. Premessa: a Brescia i cambi di allenatore hanno smesso di fare notizia, ahinoi, da anni. Si attendono quasi con rassegnazione, consapevoli come la panchina delle Rondinelle, negli ultimi trent’anni, sia diventata una delle più “roventi” in Italia. Dal febbraio ’92, ovvero dall’avvento di Gino Corioni come presidente, abbiamo infatti visto allenatori cacciati pochi giorni prima di una partita decisiva (Paolo Ferrario nel ’97-’98, campionato di serie A, allontanato dall’incarico a tre giornate dalla fine per essere sostituito dal preparatore atletico Bacconi in coppia con Egidio Salvi), mister esonerati dopo una vittoria per 3-0 (Rolando Maran) o addirittura “scomparsi” come Marco Giampaolo. Sempre dall’avvento del “Gino” però Mircea Lucescu, Edoardo Reja, Silvio Baldini, Carlo Mazzone, Gianni De Biasi, Serse Cosmi e Alessandro Calori hanno potuto concludere un’intera annata. L’avvento di Massimo Cellino alla guida della società è per certi versi simile, ma non uguale, rispetto alle gestioni precedenti: gli allenatori ormai vanno e vengono, con il rischio di assuefarsi a questo andazzo.
Boscaglia-Marino-Boscaglia bis-Pulga. Massimo Cellino compra il Brescia nell’agosto del 2017. Sul mercato ha poco tempo per gestire squadra e allenatore: decide quindi di mantenere Roberto Boscaglia, ritornato dopo la parentesi da allenatore del Novara, nonostante come tecnico non lo apprezzasse particolarmente. L’idillio dura infatti molto poco: all’ottava giornata, complice una sconfitta per 3-0 sul campo dell’Entella, Boscaglia viene esonerato, dopo aver ottenuto due vittorie, quattro pareggi e due sconfitte. Al suo posto arriva Pasquale Marino, reduce da un terzo posto ottenuto a Frosinone; la squadra non è però la sua e i risultati latitano. Dopo sole tredici partite, contraddistinte da tre vittorie, sei sconfitte e quattro pareggi viene allora richiamato Boscaglia, ma, trascorsi solamente una quindicina di giorni dal suo ritorno, iniziano già i malumori: Cellino, in un’intervista al Giornale di Brescia, dichiara infatti: “Boscaglia deve rispettare le mie direttive, altrimenti sarò costretto a prendere decisioni drastiche”. Tutto ciò è il preludio a quanto avviene subito dopo la sconfitta di Salerno per 4-2: Boscaglia viene riallontanato e al suo posto giunge Ivo Pulga, non esattamente pronto ad assumere il delicato incarico di salvare il Brescia (dichiara infatti, alla conferenza stampa di presentazione, di non aver potuto vedere granchè del Brescia, avendo dovuto assistere i suoi genitori purtroppo malati). Nonostante questo ad Ascoli, con un palpitante 0-0, il Brescia si salva all’ultima giornata.
Suazo-Corini. Per la stagione successiva, il mercato è di tutto rispetto: la squadra viene però affidata a David Suazo, un esordiente, avendo allenato solo il Cagliari under 16. Il mister debutta in conferenza stampa dichiarando di “voler vincere praticando un calcio propositivo”, ma alla terza giornata, dopo due pareggi e una sconfitta, viene silurato. Al suo posto viene ingaggiato Eugenio Corini che conduce la squadra in serie A, nonostante le scontate frizioni con la presidenza: diciotto vittorie, undici pareggi e quattro sconfitte (di cui due giunte solamente nel finale di campionato) gli salvano però la panchina. Ancora per poco.
Corini-Grosso-Corini bis-Lopez. Il Genio di Bagnolo, nonostante qualche incertezza nel precampionato, può giocarsi la serie A guadagnata sul campo: i risultati (due vittorie, un pareggio e sette sconfitte) non sono eccelsi, ma nemmeno drammatici, considerate le difficoltà del calendario. Ciò nonostante, dopo la sconfitta di Verona, Corini viene allontanato e sostituito da Fabio Grosso, reduce da esperienze non particolarmente positive sulle panchine di Bari e Verona. Le perplessità della piazza sono tante ed esplodono in tutta la loro forza durante Brescia-Torino 0-4, prima partita di Grosso, in cui risuona a gran voce il coro per l’allenatore precedente. L’avventura del campione del mondo dura poco, il tempo di subire dieci gol tra il sopracitato Torino, la Roma e l’Atalanta: torna infatti Corini, che sembra dare la scossa alla squadra, vincendo due scontri diretti contro Spal e Lecce. Anche il secondo mandato coriniano ha però vita breve: dopo infatti una delle tante beffe negli ultimi minuti, al Dall’Ara di Bologna (la seconda in stagione contro i felsinei) fa il suo debutto sulla panchina del Brescia Diego Lopez, sempre tra le perplessità di una piazza ormai sfiduciata. Arriva il Covid, il campionato viene sospeso, la squadra da giugno in poi piazza qualche colpo di coda, ma è ormai tardi. Dopo il 6-2 con l’Atalanta arriva Gigi del Neri, prima da direttore sportivo e poi in panchina. Ma questa è storia (breve) della stagione successiva. Lopez conclude la sua prima esperienza in biancoblù con due vittorie, quattro pareggi e dieci sconfitte.
Del Neri-Lopez bis-Dionigi-Clotet. La stagione dell’immediato ritorno in serie B è la più travagliata degli ultimi anni, nonostante la folle e splendida corsa targata Clotet che porterà il Brescia ai playoff: si parte con Del Neri, ma dura solo un pareggio casalingo e una sconfitta esterna a Cittadella per 3-0. Torna allora Lopez, ma anche questo tentativo va a vuoto: la squadra vince qualche partita (tre, di cui una in Coppa Italia), ma non convince quasi mai. Dopo una brutta gara giocata a Reggio Calabria viene allora allontanato DL e sostituito da Davide Dionigi, che sembra poter dare una scossa ad una squadra poco allenata dal punto di vista fisico e moralmente a terra: il Brescia arriva alla pausa di fine anno con undici punti fatti in cinque partite. Ma come spesso accade, tutto crolla di nuovo. Torregrossa e Sabelli vengono ceduti e Dionigi, nonostante un rinnovo di contratto, viene esonerato, complice una striscia di quattro sconfitte consecutive. Cellino si rivolge allora all’estero, trovando finalmente un’intuizione delle sue, in altre parole Pep Clotet. Che il presidente aveva avuto modo di conoscere al Leeds e lo affianca a Gastaldello. Il duo funziona, il Brescia vince e convince, arrivando ai playoff, ma Proia rispedisce subito al mittente le ambizioni di gloria biancazzurre.
Inzaghi-Corini ter. Clotet, nonostante i trentaquattro punti in diciotto partite, non rimane e al suo posto ecco Filippo Inzaghi, con l’ambizione, in due anni, di riportare la squadra in serie A. Tutto il resto è storia recente: un rapporto burrascoso, due esoneri (uno rientrato), vari contrasti insanabili. Inzaghi lascia la squadra al quinto posto, con quattordici vittorie, dodici pareggi e cinque sconfitte. Grazie all’intercessione di Francesco Marroccu torna allora Eugenio Corini, ma anche in questo caso l’esperienza dura pochissimo.
La rana e lo scorpione. In questa rassegna abbiamo ripercorso cinque anni di presidenza Cellino dal punto di vista degli avvicendamenti sulla panchina, tra torie di amori mai sbocciati, ritorni, fedelissimi (forse anche troppo), intuizioni felici e non. Tutto il meglio e il peggio di un presidente, Cellino, che ha spesso dichiarato di trovare indigesta la figura dell’allenatore: è memorabile a tal proposito la foto dello stesso presidente che nel campionato 2020-21, dopo l’espulsione di Clotet, guida nel match con la Cremonese la squadra da bordocampo mentre Gastaldello è in panchina. A proposito del tecnico catalano, si ripartirà da lui per la nuova rivoluzione o restaurazione, a seconda dei punti di vista; la speranza è sempre quella di non rivivere, per l’ennesima volta, la favola della rana e dello scorpione. Non la conoscete? Uno scorpione, un giorno, chiese ad una rana di attraversare un fiume sulla schiena dato che non sapeva restare a galla. Sulle prime la rana si rifiutò, temendo di esser punta. Lo scorpione però sapientemente disse che sarebbe stato controproducente pungerla, dato che così facendo entrambi sarebbero affogati. La rana si lasciò allora convincere ma, a metà del guado, lo scorpione la punse condannando entrambi. Allora la rana, prima di morire, gli chiese il perché di quel folle gesto. E lo scorpione le rispose “E’ la mia natura…”