PER COLPA DI CHI?

Colpa.
Siamo stati cresciuti, educati, castrati dalla cultura e dalla religiosità della colpa.
Colpa tua… e io ne esco salvo, pulito, vincente.
Lo facciamo sempre, con amici, colleghi parenti. Lo facciamo talmente spesso che ormai è divenuto un esercizio meccanico, automatico, una sorta di istinto di sopravvivenza.
La colpa fa morire te e la tua idea, mentre tiene in vita me  e la mia convinzione di “non aver sbagliato”. Già, perché  non si tratta di fare le cose giuste, ma lavarsi di dosso la sensazione di avere fatto quelle sbagliate e questo lavaggio non si fa con la lavatrice, ma attraverso la colpevolizzazione e la svalutazione dell altro.
Facile, troppo forse.
Quindi la colpa di questa mancata promozione diretta di chi è?
Di Filippo Inzaghi ingaggiato perché allenatore “di peso”?
Cosi, tanto per tenere buona una piazza dove, si sa, il magma ribolle sempre come il sangue di chi sa ancora appassionarsi a qualcosa. Un allenatore a cui è stata affidata una squadra, diciamolo senza giri di parole, normaloide o comunque non così più forte di tante altre come si è voluto far credere e che è stato allontanato dopo un “coup de teatre”, dimenticandosi del progetto biennale di cui evidentemente si era solo chiacchierato. Un tecnico che ci ha regalato il record di vittorie in territorio ostile e che ha fatto di un gioco, magari non esteticamente eccelso, un qualcosa di concreto arrivando a conquistare posizioni di classifica insperate ad inizio campionato e cacciato senza nemmeno un “grazie è stato bello comunque”.
Di Eugenio Corini tornato alla guida del Brescia seguendo le ragioni del cuore?
Si perché è fuori discussione che il cervello deve avergli suggerito, più delle volte che si riescono a contare, di non riavvicinarsi più a quella pentola a pressione già esplosa nelle sue mani una volta a pranzo ed un’altra a cena. Un Genio che ha fatto subito centro alla prima in casa riportando la vittoria su un campo che sembrava sotto maleficio, ma che sempre la medesima compagine ha avuto per le mani.
Della squadra? Ingiusto, la squadra non si è messa insieme da sola, i limiti strutturali sono stati evidenti a tutti fin dall’inizio e le pecche sembrano figlie di una diabolica perseveranza nell’errare.
Non sarebbe più coraggioso, dunque, parlare di responsabilità anziché di colpa?
Quella responsabilità di cui tutti i veri leader, per essere tali, si fanno carico ogni giorno. Quella responsabilità che ti rende forte e che ti mette nella posizione di assumerti la colpa anziché scaricarla, di proteggere anziché accusare, di essere baluardo di quel senso di giustizia che rende l’essere umano attivo protagonista della costruzione e non solo della distruzione.
Una responsabilità, che lo sappiamo bene, è sempre del più alto in grado, grado che purtroppo non lo rende immune dall’errore, ma che lo rende leader tanto più è capace di prendersene la colpa piuttosto che scaricarla su altri.