Storia di un legame nato sotto i migliori auspici e proseguito tra alti (pochi) e bassi (tanti). Un esonero, due sventati e un rapporto con il presidente Massimo Cellino mai troppo sereno
Brescia. «Quando finisce un amore» cantava Riccardo Cocciante, «ti resta un vuoto in testa e non capisci niente». Complicato dargli torto, la fine di un legame lascia sempre interrogativi a cui nessuno, se non i diretti interessati, possono dare una risposta: di chi è la colpa principale? Si poteva far meglio? Si è portato troppo oltre un legame già morto e sepolto? Difficile a dirsi. L’unica cosa che si può allora fare, da osservatori e commentatori esterni, è riavvolgere il filo della storia. Poi ognuno potrà trarre le proprie conclusioni, se non l’ha già fatto.
Luglio, vedrai non finirà. Filippo Inzaghi venne ufficializzato come nuovo allenatore delle Rondinelle il nove giugno dell’anno scorso, dopo un lungo corteggiamento da parte del Presidente. Le parole di quella conferenza, rileggendole oggi, fanno ovviamente sorridere, ma sono la testimonianza perfetta di come tutto fosse nato sotto i migliori auspici: un presidente che presenta un allenatore che ammirava nella sua vita precedente da calciatore e un allenatore che rinuncia alla possibilità di allenare in serie A convinto dal progetto Brescia. Luglio è il mese del ritiro a Darfo, e chiunque abbia presenziato ad almeno una seduta di allenamento o un’amichevole potrà testimoniare la ricorrenza dei cori, tratti dal repertorio del tifo milanista, a favore del nuovo mister. Come in un temporale estivo arriva però la prima doccia gelata: il mercato infatti non decolla, ed Inzaghi non fa nulla per nascondere la propria insoddisfazione. Per fortuna però la crisi rientra, il mercato si sblocca e la stagione può finalmente iniziare sotto i migliori auspici.
Primi mugugni. Il Brescia inizialmente vince e convince, giocando un bel calcio, di ritmo ed aggressività. Leris è trascinatore, Bertagnoli una bella scoperta, Tramoni inizia a far vedere la propria classe e Palacio/Moreo si alternano con profitto agli attaccanti all’epoca titolari. Iniziano però i primi mugugni: il Brescia infatti vinceva, ma subiva troppo. I quattro gol subiti in casa dal Como rappresentano una svolta in tal senso: i biancazzurri infatti, da quella partita, hanno iniziato a regalare molto meno spettacolo, concedendo però nel contempo meno agli avversari (meno ma non troppo, ad onor del vero). Gli episodi sono comunque favorevoli: tra Benevento, Pordenone e Vicenza a novembre scorso i biancazzurri hanno portato a casa nove punti meritandone probabilmente la metà. A ridurre ancor di più il credito di Inzaghi con l’opinione pubblica e la dirigenza sono i due scontri diretti contro Pisa e Monza in casa, giocati, ma sarebbe meglio dire non giocati, in maniera troppo attendista e rinunciataria.
A natale puoi. Per fortuna del Brescia e di Inzaghi i risultati fuori dalle mura amiche restano estremamente positivi: con le vittorie in Emilia contro Parma e Spal la posizione in classifica resta ottima. Dopo il pareggio con il Cittadella di metà dicembre si preparavano delle feste di Natale serene, ma Tuttomercatoweb, la sera del 20 dicembre, lancia la bomba: Inzaghi vicino all’esonero. L’allarme però rientra rapidamente, ed è Francesco Marroccu a fare da pompiere, spegnendo l’incendio che si stava rapidamente propagando e legando la sua stessa permanenza a quella dell’allenatore piacentino. Emergenza rientrata? Forse. Qualche brace continua infatti ad ardere.
Mercato di gennaio. Anche a gennaio qualche divergenza di vedute, tra la proprietà e l’allenatore, resta: Cellino infatti, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, racconta come non fosse d’accordo all’idea del suo allenatore di prendere troppi giocatori, soprattutto se trentenni. Rivela inoltre la sua antipatia verso la categoria degli allenatori, a suo avviso non in grado di discutere con la proprietà, escluso Inzaghi, con cui invece racconta di scontrarsi spesso. Le contingenze causate dal Covid costringono però la società a rivedere questa strategia: arrivano infatti, l’ultimo giorno di mercato, rinforzi di valore come Adorni, Proia, Behrami e Bianchi, in vista di un ciclo terribile che avrebbe visto i biancazzurri impegnati duramente lungo tutto il mese di febbraio.
La quasi fatal Cosenza. 5 febbraio. Il Brescia va a far visita ai lupi di Calabria. Perde subito Adorni dopo cinque minuti per fallo da ultimo uomo. Resiste però agli attacchi e va anche vicino alla vittoria. Tutto questo però non basta: Inzaghi viene “esonerato“ e al suo posto viene scelto Diego Lopez. Ha inizio a quel punto una sollevazione, dato che l’allenatore uruguaiano non era ben visto dalla piazza, per usare un eufemismo, e il Brescia era comunque in alto in classifica. A ritardare il triste epilogo giunge però la clausola di salvaguardia, secondo la quale l’esonero sarebbe stato impossibile se i biancazzurri si fossero trovati nelle prime otto posizioni della classifica, come da programmi di inizio stagione. L’allarme quindi rientra ancora una volta, e con la vittoria di Crotone Inzaghi entra invece nella storia, come miglior rendimento in assoluto fuori casa dei centoundici anni di storia delle Rondinelle.
A dispetto dei santi. Le ultime vicende di questa storia sono materiale di questi giorni, quindi non intendiamo riassumerle oltre: come il peggiore dei divorzi le due parti si rivedranno infatti in tribunale. Ora spetterà ad Eugenio Corini portare in salvo una stagione partita sotto i migliori auspici, proseguita ottimamente ma che adesso stava intraprendendo una pericolosa china discendente. La sensazione che resta è di amarezza, per qualcosa che poteva essere ma alla fine non è stato: a Inzaghi non è stato infatti perdonato nulla e scenari come la partita contro la Ternana, con 1500 tifosi a fischiare e mugugnare, non rendono giustizia a quella che è stata l’annata fino ad ora. Ora però è tardi. Il tempo nel calcio è infatti tiranno, e a Corini, un altro allenatore a cui, nonostante la promozione, non è stato perdonato nulla, auguriamo il meglio. Il bene del Brescia viene infatti prima di tutto.