QUELLO CHE PIPPO STA DANDO E QUELLO CHE NON POTRA’ MAI DARE

Continuità di risultati, calcio di strappi e ripartenze e da inizio stagione sempre in zona promozione. Per avere un Brescia che fraseggia occorreva scegliere un altro allenatore

Brescia. Ormai è diventato un ritornello stucchevole: ”Si, va bene, il Brescia è ancora in zona promozione, ma non gioca bene. Anzi gioca proprio male”. L’abbiamo sentito e letto anche dopo una partita come quella con il Frosinone, che per definire brutta occorre avere un palato che siamo orgogliosi di non possedere. Eppure sembra che ormai non vada più bene nulla. Soprattutto dopo quanto accaduto nel post Cosenza quando Cellino aveva di fatto esonerato Inzaghi. Temevamo che quel pasticciaccio brutto avrebbe generato ulteriori malumori e così è stato. Ormai gli ipercritici si sentono autorizzati a censurare il tecnico biancoazzurro sempre e comunque, forti del fatto che se lo ha fatto la società (quella vicenda ha fatto perdere al piacentino ulteriore credibilità in chi già l’aveva messo nel mirino) allora lo può fare chiunque.

Fuori dal coro. ”Scusate non mi lego a questa schiera, morrò pecora nera” diciamo noi, citando l’immenso Francesco Guccini. E non è questione di simpatie, antipatie o anticonformismi. Fatichiamo a capire come ci possa essere ancora dell’insoddisfazione (prevenzione?) verso un allenatore che da inizio stagione ha tenuto per trequarti delle partite il Brescia al primo o secondo posto e per il resto del campionato tra il terzo e quarto. Mai più lontano di massimo due punti dalla zona serie A diretta. Quando parliamo con addetti ai lavori che ci chiamano da altre città, e con i quali siamo rimasti in buoni rapporti dopo averli incrociati nelle loro esperienze calcistiche bresciane, ci sentiamo ripetere: ”Ma di cosa stiamo parlando? Cosa si pretende di più da Inzaghi?”. Il gioco, dicono i suoi detrattori. Come se in Italia fossimo abituati a vedere spettacolo in continuazione. E parliamo anche della serie A dove il Milan capolista non sta per nulla entusiasmando. Figuriamoci il resto. Signori, questo ormai è il calcio italiano: forse qualcuno è rimasto un po’ indietro, meglio allora che schiacci ”F5” e aggiorni il file.

Dagli al mister. Nel tritacarne di quelli che cercano “L’isola che non c’è” (da Guccini a Bennato è un attimo…) finiscono ormai da troppo tempo gli allenatori. Zero pazienza, tutto e subito. Non bastano nemmeno più i risultati, ci vogliono risultati e gioco. E a volte nemmeno basta questo binomio. A Brescia, poi, negli ultimi anni sono stati battuti tutti i record possibili in questo senso, record dei quali non è il caso di andare particolarmente fieri. Non vorremmo che si fosse creata una sorta di forza centrifuga nella quale i più ondivaghi e condizionabili si fanno trascinare. Il Brescia gioca in serie B, un campionato che di anno in anno abbassa il proprio livello tecnico (il grande equilibrio che c’è quest’anno nei primi posti non è per forza di cose sinonimo di alta qualità) con l’aggravante del Covid che ha fatto saltare allenamenti, condizionato gli stati di forma e il lavoro sul campo degli allenatori, costringendo tra l’altro a giocare partite su partite a ritmi sincopati per rispettare i tempi. In mezzo a tutto questo come è possibile avere sempre, per 90 e più minuti, partite scintillanti? Detto, e lo ripetiamo con convinzione, che Brescia-Frosinone ci ha fatto divertire per come le due squadre si sono affrontate senza troppi tatticismi, rispondendo colpo su colpo, non riusciamo proprio a sintonizzarci sull’onda di chi sostiene che Inzaghi non ha dato un gioco alle rondinelle. Il suo calcio (con il quale ha già vinto dei campionati) è basato sull’intensità, sul recupero palla e sulle ripartenze ficcanti sfruttando esterni bassi e alti, in particolare Léris e Tramoni che sono tornati quelli visti per gran parte del girone d’andata. Può piacere o meno, ma è un modo di giocare come altri ne esistono. A volte questo calcio riesce, a volte no, ma i risultati ci sono e se in serie B tutti dicono che la parola chiave è ”continuità”, per onestà intellettuale sarebbe giusto ricordare che Bisoli e compagni sono reduci da otto (dicasi otto) risultati utili consecutivi e che alla fine del campionato mancano ancora 14 giornate. Con la squadra a -1 dalla serie A diretta non capiamo a chi giovi sottolineare esclusivamente ciò che non va a scapito di quello che questo tecnico ha dato a una rosa sicuramente competitiva, ma non per forza di cose da dover considerare la migliore di tutte. La migliore, anzi le tre migliori verranno certificate solo a fine stagione.

Poi, certo, se si vuole un Brescia che costruisce calcio sempre dal basso, che arriva in area avversaria con una fitta rete di passaggi, che fraseggia con un ”tiki taka” de noantri, allora significa non conoscere lo storico dell’Inzaghi allenatore. Ognuno possiede la propria stella cometa per arrivare al risultato. Rispettarla, soprattutto quando ci sono i risultati, è un segnale di cultura calcistica.