In questi ultimi giorni di mercato a Inzaghi servirebbe almeno un centrocampista dai piedi buoni con cui palleggiare insieme al play per non puntare solo sulle ripartenze. Sempre che voglia giocare così…
Brescia. Vox populi: “Il Brescia è in prima fila, ma non gioca bene”. Sarebbe il caso di intendersi su cosa significa giocare bene. Noi crediamo che si debba dividere il calcio, e gli allenatori, tra chi vuole arrivare in porta per far gol partendo dal basso, coinvolgendo i difensori e a volte anche il portiere, palleggiando a metà campo per far correre a vuoto gli avversari, stordirli e andare in rete e chi invece va sul concreto, rifiuta queste “masturbazioni calcistiche” per usare un termine che i cronisti di un tempo scrivevano senza problemi mentre adesso guai a chi lo fa perchè il politicamente corretto non lo prevede. Comunque sia ci siamo capiti: della seconda schiera fanno parte i “risultatisti” (della prima i “giochisti”), quelli che in gol ci vanno con le ripartenze dopo aver chiuso i varchi in difesa agli attacchi degli avversari che così si sbilanciano. Si tratta del caro e vecchio “catenaccio e contropiede”, solo che nemmeno questo vocabolo adesso si può più utilizzare perchè da Coverciano gli allenatori escono solo se parlano di “fase difensiva e fase offensiva”. Cambia nulla. Il calcio è più semplice di quanto lo si voglia far credere.
Inzaghi, il risultatista. E arriviamo al Brescia. Inzaghi, ormai si è capito, non ha tempo da perdere con troppi passaggi. A lui interessa l’indice di pericolosità offensiva, il primo dato che va a consultare finita la partita e in attesa di andare in conferenza stampa per confrontarsi con i giornalisti. Pur avendo un difensore come Cistana dai piedi buoni e ora un ex centrocampista come Mangraviti, non è là dietro che gli interessa cominciare a fare la partita. Pippo chiede aggressività nella metà campo avversaria, un pressing feroce sulla trequarti per andare a far gol (emblematico quello di Tramoni a Benevento, ma ce ne sono stati molti altri), un pressing che però ultimamente non si sta più vedendo così ossessivo. Inoltre è cambiato il modo di giocare. Non più un Brescia basato sulle sgroppate di Léris e Tramoni, ma una squadra con il trequartista e le due punte come da sempre piace a Cellino e come si è vinto nel 2018-19 con Corini.
Come cambiare. In questa preziosa sosta che coincide con l’ultima settimana di mercato, l’allenatore ha il tempo e il modo di trovare la strategia migliore con Cellino e Marroccu. Se si vuole un Brescia diverso, che giochi il pallone e non si rifugi in lanci lunghi, serve almeno un centrocampista dai piedi buoni che in mezzo possa palleggiare con il play (che sia Van de Looi, Andreoli o il Viviani della Spal che ancora circola nei pezzi di mercato). Mancini agli Europei ha tracciato una linea: Verratti vicino a Jorginho nel centrocampo a 3, che un Barella può bastare. Il suo Barella il Brescia ce l’ha: Bisoli o Bertagnoli. Per un calcio palla a terra, che soddisfi i palati degli insoddisfatti, occorre un modellino di Verratti nell’altro ruolo di mezzala. Stavolta non ci sono i Torregrossa e Donnarumma del 2018-19 ai quali bastava dare palla da un centrocampo più o meno muscolare con Bisoli, Tonali, Dessena e l’arma tattica Spalek. Si spera che Ayè esploda come l’anno scorso, ma già tra Reggio Calabria e Ternana si è visto dottor Jekyll e Mister Hyde e non sempre i gironi di ritorno sono ciambelle con il buco.
Il Brescia è di fronte a un bivio. Cambiare anche modo di giocare il pallone dopo aver già cambiato modulo o andare avanti cercando il gol in transizione, sfruttando ora i due terzini di spinta essendoci anche Sabelli oltre a Pajac per mettere palla in area alle due punte? Nel primo caso serve un giocatore dalle caratteristiche precise. Un centrocampista di qualitò. Che ovviamente nel mercato di gennaio è un po’ più difficile reperire.