Il figlio: “Con lui allenatore un indimenticabile 4-0 alla Juventus e quasi 18.000 abbonati in serie A”. Del Bono: “E’ stato un ambasciatore della nostra città”
Brescia. Se gli eroi, come canta Francesco Guccini, sono sempre giovani e belli, Renato Gei si è guadagnato anche l’etichetta di immortale. Prima da calciatore e poi da allenatore ha contribuito a rendere grande il Brescia. Ancora minorenne segnò un gol decisivo per la promozione in serie B negli anni prima della Seconda Guerra, un titolo di capocannoniere in cadetteria a soli 20 anni e da tecnico traguardi storici che il figlio Paolo, già stimatissimo medico, ha raccontato questa mattina al campo della Pendolina intitolato a suo padre e dove alla presenza di numerose autorità è stato svelato un piccolo monumento in ricordo di Renato Gei nel centenario della sua nascita (lo scorso febbraio).
Momenti di gloria. ”Con mio padre allenatore – ha detto Paolo Gei – ci fu lo storico 4-0 rifilato alla Juventus al Rigamonti nel 1965, in un campionato di serie A indimenticabile anche per via dei 17.800 abbonati. Un record che credo non verrà mai battuto”. Quel Brescia chiuse al nono posto, superato solo dalla squadra con Carlo Mazzone in panchina e Roberto Baggio in campo che nel 2001 si classificò ottava. “Mio padre un anno realizzò anche 18 gol in serie A con la maglia della Fiorentina e credo che nessun calciatore bresciano sia mai riuscito a fare meglio. Ovunque sia andato a giocare o ad allenare ha sempre esportato la sua brescianità, così come il suo pupillo prediletto Ottavio Bianchi. Renato ha saputo riscattare con lo sport le sue origini povere, umili”. Gei ha giocato anche con Torino, Fiorentina, Sampdoria e Pavia. Ha allenato anche Pavia, Sampdoria, Genoa, Lecco, Lazio, Atalanta, Casertana, Parma e Seregno.
Il sindaco. Emilio Del Bono, intervenuto al pari di Fabio Capra, Giorgio Lamberti e Federico Manzoni, oltre a Beatrice Saottini per il Museo Mille Miglia, ha dichiarato: “Renato Gei è stato un ambasciatore della nostra città. Unico reo (ha riso il sindaco, ndr) è stata l’esperienza all’Atalanta, ma per fortuna solo per un anno… Scherzi a parte ora poi siamo legati anche come città capitali della cultura… Brescia si proietta grazie all’identità della brescianità, che è difficile da descrivere, ma esiste ed è un mix di concretezza, riservatezza, ma anche di una grande generosità e umanità. Questo impasto per fortuna non si è perso negli anni e spero si tramandi anche alle nuove generazioni. Si può essere grandi professionisti, giocatori o allenatori, pur senza pagare il prezzo a un pessimo divismo. Ci sono persone che con il successo si sono corrotte sul piano dell’umanità e del rapporto con la gente. Renato Gei non la perse e la trasferì ai figli: Gianni ottimo politico e Paolo bravissimo medico”. Del Bono spiega anche cosa diventò lo sport, nella nostra città, nel Dopoguerra: “Uno strumento di ascesa sociale. Dalla povertà e indigenza ha saputo essere garanzia e sicurezza per alcune famiglie. Tutto questo tramite fatica e impegno”.