”La panchina non mi ha fatto male, anzi. Brescia mi ha adottato, mi sento bresciano a tutti gli effetti”
Milano. Dimitri Bisoli è stato ospite, collegato via Skype dalla sua casa di Brescia, nella trasmissione B-Side in onda su Sky. Rispondendo alle domande di Marina Presello e Daniele Barone, ha fatto emergere ancora tutto il suo orgoglio per essere ormai un bresciano acquisito e capitano delle rondinelle.
Dimitri, cosa provate ad essere primi in classifica da soli?
“Dopo le due sconfitte consecutive con Como e Perugia qualche critica purtroppo era arrivata, ma noi siamo sempre stati un gruppo unito, con tanta voglia di lavorare. Abbiamo preso provvisoriamente la testa della classifica, non guardiamo quella bensì il lavoro quotidiano. C’è tanto ancora da fare”.
In estate sembrava che dovessi lasciare il Brescia, sei partito in panchina all’inizio di questa stagione, ma nelle ultime giornate per te tutto è cambiato. Ci racconti questi mesi?
“Ero partito in panchina poi sono tornato in campo con la fascia di capitano e segnando un gol pesante con il Lecce. L’estate è stata difficile, ci sono state tante voci su di me, io ho sempre pensato solo al campo, alla società che mi ha dato fiducia, alla città che mi ha adottato. Venivo da un infortunio che mi ha fatto saltare il play off della scorsa stagione e la preparazione estiva. Sono partito dalla panchina perchè lo meritavo, non ero in forma, non mi ha fatto male quella panchina, anzi. Abbiamo una rosa con tanti giocatori che hanno voglia di emergere, di giocare, era giusto che giocassero loro. Nelle ultime due settimane ho giocato, mi sono sentito in forma dopo che avevo fatto un’analisi su come stavo facendo. Ora entriamo in una fase cruciale dove ci aspettano 8 partite importanti per dare continuità ai nostri risultati”.
Tuo papà è sempre il tuo idolo?
“Vorrei fare la metà di quello che ha fatto lui che ha 300 partite in serie A. Mi alleno in estate con lui, mio fratello lavora nello suo staff, siamo una famiglia che vive di calcio. Ho sofferto tanto nell’ultimo periodo, mio padre con il resto della mia famiglia è stato un punto di riferimento fondamentale”.
Ti senti ormai un bresciano acquisito al punto che nei mesi più duri della pandemia portavi la spesa agli anziani?
“Brescia ormai è la mia città. Sono stato adottato, ho sentito il dovere di fare quel gesto e l’ho fatto con il cuore. Ho aiutato una società di volontariato che si occupava di questo. Facevo la spesa, consegnavo il tutto a un ragazzo di nome Giorgio e lui la portava agli anziani. Ma anche i miei compagni hanno fato tante iniziative con l’ospedale Civile anche se non è uscito nulla. Lo facciamo spesso con Monsignor Paganini. Vogliamo amalgamare città e sport, creando un’unione di forze”.