L’ex rondinella si sta rilanciando con la maglia del Como dopo anni complicati sia dentro che fuori dal campo. Domenica sarà titolare al Rigamonti
Brescia. Nel mondo del calcio le doti naturali non sono nulla senza la giusta mentalità: se mancano infatti i doni di natura si può sopperire con una grande etica del lavoro e del sacrificio, al contrario se manca invece la testa l’unico risultato che si ottiene è buttar via la propria carriera.
L’esperienza di Ismail H’Maidat, in tal senso, è paradigmatica: giocatore di talento, con un avvenire brillante, si ritrova a 26 anni già sull’ultimo treno della carriera, dopo varie vicissitudini che possono sembrare lo scherzo di uno sceneggiatore fantasioso. Proviamo a ripercorrerle assieme.
Peccati di gioventù. Ismail H’Maidat nasce ad Enschede, città olandese al confine con la Germania, il 16 giugno del 1995. Entra sin da ragazzino nelle giovanili delle squadre della sua città, e il primo ad accorgersi del talento del giovane Ismail è proprio il suo allenatore nelle giovanili del Twente: di lui dirà infatti: «Ismail è il più bravo di tutti, sia per la tecnica sia per il modo di trattare la palla. Se ben seguito, potrebbe fare molta strada”.
La sua prima occasione della vita si conclude però dopo pochi mesi, perché la dirigenza decide di tagliarlo per cattiva condotta. Su questa vicenda lo stesso centrocampista ha ammesso però di non aver avuto un comportamento irreprensibile, anche dettato dalla giovane età (il ragazzo all’epoca aveva 12 anni). Perdonato.
L’esplosione. Per il giovane olandese inizia quindi un lungo peregrinare, che lo porta a cambiare 8 squadre in 6 anni. La svolta arriverà con l’approdo all’Anderlecht: con la maglia dei belgi si farà infatti notare al torneo di Viareggio del 2014, attirando l’attenzione del Brescia che decide di tesserarlo per l’anno successivo.
L’annata 2014/2015 è tra le più disgraziate della storia recente dei biancazzurri: 4 allenatori, 6 punti di penalizzazione e una dolorosa retrocessione in serie C evitata solo per le disgrazie di casa Parma. Da salvare in quel campionato ci son poche cose e una di queste è proprio il talentino olandese: riesce infatti a totalizzare 29 presenze e un gol, in una delle tante “ultime spiagge” di quell’annata, ovvero in casa con il Bologna, partita terminata sul risultato di 1-1.
L’approdo in giallorosso. L’anno successivo, quello della ripartenza biancoazzurra con Boscaglia in panchina e il duo Sagramola-Castagnini a dirigere le operazioni in sede, H’Maidat gioca altre 12 partite fino a dicembre. Mino Raiola prende la procura del giocatore e anche grazie all’intermediazione del superprocuratore la Roma si accaparra nel mercato di gennaio il centrocampista per 1,8 milioni più i cartellini definitivi di Somma, Ndoj e il prestito di Calabresi.
Nella Capitale però lo spazio a centrocampo è poco, quindi inizia la serie di prestiti: prima all’Ascoli, poi al Vicenza. Ma qualcosa sembra essersi ormai spento: totalizza infatti 0 presenze in 2 anni, entrando in una spirale negativa che pare senza uscita. Viene allora ceduto in prestito in Portogallo, dove almeno ritroverà il campo, e successivamente in Belgio ove invece accadrà il punto di svolta della sua giovane vita.
L’arresto. Associare un calciatore professionista, che a quell’epoca riceveva ancora un ottimo stipendio, e un gruppo di rapinatori è un esperimento ardito. Quando però si frequentano cattive compagnie tutto può succedere: il 10 febbraio del 2018 viene infatti arrestato per la sua presunta partecipazione a una serie di rapine che si erano svolte in vari punti vendita della provincia di Anversa. Il suo avvocato baserà la linea difensiva su tutta una serie di incongruenze: lo stipendio di diecimila euro al mese che la Roma pagava al giocatore, il fatto che ci fossero solo prove indiziarie e il bottino di poche migliaia di euro, cifra che non poteva ingolosire un calciatore professionista. Uno degli appartenenti alla banda, colpevole delle rapine in oggetto, scagiona lo stesso giocatore ma il giudice lo condannerà comunque a 46 mesi di carcere, di cui almeno 26 da scontare prima che possa scattare la libertà vigilata.
La rinascita a Como. Dopo 10 mesi, con l’avanzare delle indagini, risulta sempre più evidente che il povero Ismail sia stato vittima di un tragico errore giudiziario. Viene quindi assolto. La carriera sembra finita, ma il Como decide di offrirgli un periodo di prova: H’Maidat lo supera e torna in campo, dopo quasi un anno e mezzo, nella sfida di Coppa Italia di serie C contro il Gozzano disputata l’11 agosto del 2019. L’anno successivo arriva la promozione in serie B, con H’Maidat finalmente di nuovo tra i protagonisti. E domenica viene dato nell’undici di partenza.

In un’intervista di qualche mese fa al Giornale di Brescia ha infatti dichiarato di aver visto l’inferno in carcere, ma di essere ora rinato. Non ne dubitiamo ed auguriamo il meglio al ragazzo. Tutti meritano una seconda occasione.